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giovedì 14 marzo 2013

PERCHE' L'INDIA NON PUO' PERDERE LA FACCIA

Dopo che l'Italia ha deciso di non restituire i marò, Delhi reagisce duramente e minaccia sanzioni. L'opposizione chiede l'espulsione del nostro ambasciatore. Che intanto ha perso l'avvocato che difendeva i due marinai accusati di omicidio. Dovrà presentarsi davanti alla Corte suprema


La patata è davvero bollente. E chi conosce il linguaggio personale e politico di Manmohan Singh, il primo ministro indiano di poche e pesatissime parole, sa misurare quanto ieri ha detto il capo del governo indiano in parlamento. Un messaggio che, spezzato in brevissimi mini-messaggi, Twitter ha rapidamente veicolato nel mondo. Proprio quello che Singh desiderava e che fa del caso marò un fatto non solo strettamente indiano-italiano ma un manifesto dell'orgoglio nazionale: «Il nostro governo ha già reso noto che questa decisione è inaccettabile – ha detto il premier ai parlamentari (ma questo lo aveva già commentato a botta calda) - ha violato ogni regola diplomatica il che non è nell'interesse di relazioni bilaterali che si basano sulla fiducia. E – ha aggiunto – (mentre) incitiamo a rispettare gli accordi presi davanti alla Corte suprema e chiediamo il ritorno delle persone accusate, cosa che continueremo a fare attraverso il canale diplomatico, se non terrà fede ai suoi impegni, per l'Italia ci saranno conseguenze”.

Il tono è secco e deciso sull'affaire che la stampa indiana definisce “An Italian Job” e non è solo un messaggio rivolto a Roma o al resto del mondo. Singh, che rappresenta un Partito del Congresso che è nel pieno delle polemiche sulla corruzione, sullo scandalo Agusta-Finmeccanica (L'India ieri ha aperto un'inchiesta e la polizia criminale ha iniziato le perquisizioni nelle sedi di Finmeccanica e AgustaWestland per le presunte tangenti per i mezzi Agusta Westland) per non parlare delle proteste per gli stupri, cerca di rispondere alle accuse che provengono da tutta l'opposizione, Bjp – i nazionalisti indù – in testa. A un anno dalle prossime elezioni.
Sono stati i nazionalisti, secondo partito indiano, i primi a chiedere la testa di Daniele Mancini, l'ambasciatore italiano che ha firmato l'impegno di Roma per ottenere la concessione ai due marò di tornare in Italia. Ma adesso il Bjp sostiene che il governo deve dimostrare di non aver in realtà sottoscritto un patto occulto...Leggi tutto su Lettera22

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