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mercoledì 27 novembre 2013

LA VITTORIA AMERICANA NEL PATTO CON KABUL

Sono gli americani a uscire vittoriosi dalla Loya Jirga che si è appena conclusa a Kabul e che ha detto si all'accordo di partenariato strategico (Bsa) che definisce l'orizzonte politico, e soprattutto militare, tra Washington e Kabul. Almeno sino al 2024 e comunque a partire dal 2014. Il patto garantisce la presenza militare americana anche se non ne stabilisce esattamente il numero che è stato valutato tra i 10 e i 16mila uomini. Militari che resterebbero in Afghanistan con tre compiti principali: quello di proteggere le basi di cui gli americani conserveranno l'accesso; quello di eseguire operazioni “combat” dove richieste; il mandato infine di assistere e consigliare il nuovo esercito afgano (Ana), ormai alla fine del suo ennesimo percorso di ricostruzione per mano alleata (gli ultimi a rinnovarlo furono i sovietici).

Seppur con qualche distinguo, gli americani hanno ottenuto tutto ciò che volevano: l'immunità per le loro truppe, che saranno sottratte, in caso di reato, alla giurisdizione dei tribunali locali per essere giudicati in America; il controllo di alcune basi militari e l'uso in proprio di quella di Bagram; la possibilità di agire fuori da esse seppur preavvertendo gli afgani. Per ottenere il si, gli americani hanno utilizzato tre forti mezzi di pressione: quello psicologico, giocando sul timore di un'opzione zero, ossia di un ritiro immediato di tutti i soldati stellestrisce se il Bsa non fosse stato firmato. Quello economico, con 4,1 miliardi di dollari l'anno per l'Ana, di cui la metà pagati da Washington. E quello strategico: il patto prevede infatti il sostegno americano in caso di conflitto che, a Kabul, significa guerra con Islamabad o Teheran.


Immunità

I militari americani godranno dunque di uno statuto privilegiato di fronte alla legge. Non potranno cioè essere giudicati da tribunali locali in nessun caso. Son state fatte pressioni fortissime su questo punto, richiamando una tradizione che però non è uguale ovunque. Il professor Christopher Jenks della Harvard University ha per esempio rilevato che «...il Paese straniero in cui un gran numero di militari americani sono di stanza, come il Giappone, la Corea del Sud e la Germania, ha giurisdizione primaria su di loro nella stragrande maggioranza dei casi. Gli unici reati per i quali gli Usa mantengono la competenza primaria... sono reati che derivano da casi di servizio (incidente stradale di un convoglio o di aerei militari) o reati in cui le vittime sono esclusivamente americane. In tutti gli altri casi in cui il reato viola le leggi di entrambi i Paesi, a quello straniero resta la giurisdizione primaria». Non in Afghanistan, dove i militari (e presumibilmente anche i contractor per estensione) godranno di una sorta di impunità preventiva.

Basi e accessi

L'accordo sulla sicurezza contiene esplicito riferimento a nove basi militari in otto province di cui gli americani potranno far uso, seppure come “ospiti” dell'esercito afgano. Kabul consentirà agli Stati Uniti l'accesso e l'uso delle basi aeree di Kabul, Mazar-i-Sharif, Herat, Kandahar, Shorab (Helmand), Gardez, Jalalabad, Shindand (vicino al confine iraniano) e Bagram, quest'ultima a uso esclusivo statunitense. Punti ufficiali di imbarco e sbarco sono la Bagram Airbase, l'aeroporto Internazionale di Kabul, la Kandahar Airbase, la Shindand Airbase, l'Herat International Airport (ricostruito dall'Italia) e quelli di Mazar -i - Sharif e Shorab (Helmand). L'accesso via terra include invece Torkham nella provincia orientale di Nangarhar (passo Khyber), Spin Boldak nella provincia meridionale di Kandahar, Torghondi a Herat occidentale, Hairatan nel Nord Balkh ed Ella Khan Bandar nella provincia di Kunduz.

Proprio il passo di Khyber è tornato recentemente di stringente attualità, chiarendo la sua rilevanza strategica. Con sit-in entrati ieri nel loro quarto giorno di protesta, i sostenitori del partito di Imran Khan – che ha appena vinto il governo nella provincia di Khyber Pakhtunkhwa - stanno bloccando o ritardando il passaggio dei camion diretti dal Pakistan (spesso dal porto di Karachi) verso l'Afghanistan. Protestano contro gli ultimi attacchi di droni statunitensi in territorio pachistano. E da questa strada passa almeno un terzo della logistica Nato e Usa.

I raid


Gli americani avrebbero voluto mano libera ma alla fine Karzai ha imposto loro un veto su raid e perquisizioni nelle case private degli afgani. Come nel caso di quelli aerei, gli americani non potranno farli se non su esplicita richiesta degli afgani e comunque mai senza il loro permesso. Ma questa concessione ha un però, vergato in una lettera indirizzata da Barack Obama a Karzai durante la Loya Jirga. Washington ha accettato il principio salvo “casi eccezionali”. A discrezione del comando militare americano.  

Articolo per il manifesto e Lettera22

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