Visualizzazioni ultimo mese

Cerca nel blog

Translate

lunedì 26 maggio 2014

Analisi di un golpe "reale" (2)

Re Bhumibol, anziano ma sempre attivo
E' lui che ha dato luce verde al golpe
Al generale Prayuth Chan-ocha, che comanda la giunta al potere in Thailandia, è arrivato in via ufficiale il beneplacito del re per il suo neogolpe. La cosa era nell'aria perché è un segreto di Pulcinella il fatto che la decisione del colpo di Stato viene da Palazzo reale. Il re ha più di un interesse, in primis economico, a cacciare i Shinawatra e a far si che la vecchia élite torni a governare l'economia di un Paese dove la casa reale ha parecchi interessi. E' una storia che ha un precedente nel golpe del 2006 e che racconta di uno scontro tra poteri forse senza precedenti nel Paese delle orchidee.

Le vicende recenti della Thailandia, come ce le raccontano i giornali, sembrano solo un bizzarro scontro tra camicie rosse e gialle: i primi sostengono la famiglia Shinawatra, gli altri la democrazia (e il re). I primi difendono l'indifendibile, i secondi lo status quo. Cosa c'è dietro? Uno scontro tra ricchi e poveri, tra città e campagna, tra conservatori e progressisti, tra due classi che cercano l'egemonia economica? C'è forse un po' di tutto questo dietro a un'opporsi di fazioni divenuto, in certi momenti, anche violento e che di fatto ha offerto all'esercito la possibilità di mettere ordine con un golpe militare. Ci sono un paio di buoni articoli da leggere sul contesto, come l'analisi di Charles EMorrison o, ancor meglio, quella di Jeffrey Race (un analista che viene da Haravrd e vive in Thailandia da 45 anni), che è per certi versi illuminante. Race spiega che bisogna tener conto di molti fattori, sia economici, sia culturali e che senza una visone d'insieme la vicenda tailandese non si comprende. E' una storia che comincia a metà degli anni Ottanta con un ex poliziotto di lontane origini cinesi nato in una provincia del Nord: Thaksin Shinawatra.
Quello che diventa il tycoon Thaksin Shinawatra rivoluziona l'economia tailandese proponendo un modello innovativo, spregiudicato e, al contempo, in grado di fare di chiunque un uomo ricco (per chi ce la fa). Paragonato non a caso a Berlusconi, Thaksin – un uomo venuto dal nulla – sfrutta il momento magico offerto dalla telefonia e dalle nuove tecnologie subito dopo il collasso delle economie del Sudest asiatico alla fine degli anni Novanta e cominciato proprio con la deflagrazione della bolla speculativa dell'edilizia tailandese (una crisi che travolgerà anche il Giappone). All'inizio il nostro sfrutta le sue conoscenze per piazzare appalti nella polizia ma lentamente diventa il monopolista dell'intero settore telecomuncazioni. Sul piano politico è un populista che ha capito che in un Paese di agricoltori va cercato il consenso fra i contadini e, una volta al potere (elezioni del 2001), non se ne dimentica e favorisce quei poveri braccianti che non hanno mai beneficiato del miracolo economico tailandese, aprendo loro l'accesso al credito e a privilegi concessi prima solo alla classe media urbana. Ma esagera. Non si accontenta. Rompe lo schema che fino ad allora ha governato un Paese profondamente religioso dove la Via di mezzo del buddismo non è solo una parola vuota. Alla Via di mezzo Thaksin  sostituisce la Via di sé stesso.


In questa immagine e in quella sottostante l'ormai ex premier
 Yingluck Shinawatra e il generale Prayut quando erano in buona
Scrive Race: «.... the Shinawatra family machine has introduced a new rule set to Thailand, not the Middle Way but My Way, in which they have shown they do not know when enough is enough, something most Thais sense is important and have no difficulty accepting.... During the 2001-2006 period of solid electoral power, the Thai Rak Thai machine (il primo nome del partito di Thaksin ndr) began a program of dominating every sector of the economy and state on behalf of Thaksin's family and friends: banking, communications, media, foreign affairs, the courts, the police. At the end they were moving on the military and the last bastion of resistance... », che Shinawatra non riesce a conquistarsi, restando al massimo potente tra i ranghi della polizia.


Insomma il parvenu Shinawatra entra con tutti e due i piedi nel piatto nazionale dove un'élite consolidata e con buoni rapporti con la corte gestisce da sempre il potere economico e finanziario. Ma lo sprint innovativo è anche uno spregiudicato mix in cui famiglia e accoliti diventano l'asso pigliatutto e non c'è posto per nessun altro se non per gli affiliati. Un accordo con la vecchia élite – di cui il Partito democratico è espressione – riesce solo a tratti. Alla fine, Shinawatra diventa davvero troppo ingombrante per il salotto buono e deve essere espulso come un corpo estraneo, quale in effetti è.

Il problema è, non solo che Thaksin non se ne vuole andare e che è diventato troppo potente, ma che a ogni tornata elettorale vince le elezioni. In un Paese contadino, la scelta di privilegiare gli agricoltori ha funzionato. Più difficile conquistare la classe media o le province islamiche del Sud, riottose a ogni patto con Bangkok. Tant'è, le urne lo premiano. Così arriva nel 2006 il primo colpo di Stato. Con la benedizione del re. Poi però gli Shinawatra ritornano e, poiché a Thaksin rientrare in Thailandia è vietato pena la galera, ecco che si avanza la sorella. Anche con lei la storia si ripete: camicie gialle contro rosse nelle piazze, vecchia élite contro nuova élite, corona contro un nuovo potere di parvenu poco rispettosi e ineleganti. Infine mano libera all'esercito.

Alla fine della storia, ci sono mille e più ragioni per dare contro ai Shinawatra anche se diventa onestamente grottesco che la premier Yingluck venga esautorata come premier da un verdetto della corte che la accusa di aver favorito un amico nella pubblica amministrazione. Più sostanziosa forse l'accusa di aver impoverito le casse dello Stato con una politica di sussidi per garantire il riso a prezzo politico. Come che sia, e visto che i Shinawatra continuano a vincere le elezioni, si ricorre al pugno di ferro. La corona consente, anzi promuove, anche perché nelle stanze reali si agitano i grandi protagonisti del business locale, condiviso buddisticamente con l'élite rappresentata dal Partito democratico e, nelle piazze, dalla camice gialle.

Shinawatra il re lo vorrebbe in galera o comunque lontano, in un esilio silenzioso e dal quale non può più manovrare le leve che regolano l'economia del Paese. Il personaggio – assai meno la sorella – è abbastanza spregiudicato da consentire un simile pensiero ma la sua cattiva fama comune ormai a tutti gli Shinawatra, pur se in nome del bene comune, può consentire che si rovescino le regole della democrazia? E' una buona idea sistemare le cose a colpi di sentenze e carri armati ignorando – giusto o sbagliato – il volere di chi caccia una scheda nell'urna?

A queste domande la risposta tailandese è stata la mano pesante. Un golpe “reale” a tutti gli effetti.

La prima puntata Lo scontro di poteri dietro al golpe in Thailandia qui

Nessun commento: