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giovedì 19 giugno 2014

Afghanistan elezioni, la situazione precipita

"D'ora in poi ogni azione delle Commissioni elettorali sarà considerata da noi illegale e inaccettabile". Abdullah Abdullah apre la crisi in Afghanistan e sconfessa il processo elettorale arrivato il 14 giugno al secondo round per lui e il rivale Ashraf Ghani. Come si temeva, dopo aver chiesto l'intervento dell'Onu, ritirato gli osservatori dalle Commissioni, pretesa la testa del primo segretario della Commissione elettorale (Iec), Abdullah ha tirato l'affondo. E ha ribadito - in un discorso trasmesso in televisione - di considerare Karzai (cui di fatto spetta la decisione finale sul lavoro delle commissioni elettorali) responsabile della crisi.

Per ora il candidato la cui base elettorale guarda a quella che un tempo si chiamava Alleanza del Nord è solo. Le Nazioni Unite lo hanno invitato al rispetto della Costituzione e il portavoce della missione dell’Onu, Ari Gaitanis, si è detto “rammaricato” per la decisione di Abdullah di ritirare i suoi osservatori dagli uffici elettorali. Lo stesso han fatto le ambasciate di Stati Uniti e Gran Bretagna. La Commissione elettorale dal canto suo  ha negato gli addebiti e Karzai per ora resta in silenzio (se si esclude una nota di palazzo che ne riafferma la neutralità). Ma la crisi è formalmente aperta e Abdullah sa di poter contare su diversi parlamentari e, soprattutto, sulla sua rete di sostenitori nel Nord. Senza contare gli appoggi nella pubblica amministrazione e nell'esercito. Situazione tesa.

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