
Il suo staff ha i dati che gli osservatori del candidato Ghani hanno raccolto nei seggi, ma il presidente in pectore – cui le prime proiezioni, gli exit pool, le indiscrezioni e le relazioni dei suoi nei vari seggi danno vincitore di diverse lunghezze – li tiene per adesso per sé. Gli unici dati accettabili, ribadiscono i “ghaniani”, sono quelli che il 2 e il 22 luglio la Commissione elettorale elargirà come ufficiali. Regole insomma e non supposizioni. Criteri assodati e sottoscritti da ambi i candidati, non illazioni o costruzioni su elementi non ufficiali. E se poi è solo una mossa per negoziare qualche posto al sole nel futuro governo, Ghani fa sapere che non è disponibile per nessuna trattativa segreta. Quanto a Karzai, Ghani – che pure ha avuto col presidente uscente più di uno screzio – ne rispetta l'imparzialità senza tirarlo (diremmo noi) per la giacchetta. Ma basteranno i toni rassicuranti e urbani di questo personaggio sulla cui ascesa nessuno avrebbe scommesso? Basterà richiamarsi alla Costituzione, alle regole o alle garanzie che la comunità internazionale richiede per evitare il patatrac? E' presto per dirlo. Mentre sulla capitale scende la sera, Hakim fa spallucce davanti alle nostre preoccupazioni: «La situazione politica è grave? Uff, qui abbiamo visto ben di peggio». Purché il kalashnikov continui a rimanere con la sicura.
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