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sabato 11 aprile 2015

Yemen, il coraggio di Islamabad nel dire no a Riad

Il ministro degli Emirati Gargash:
ha condannato il Pakistan
accusandolo di "ambiguità"
Per un Paese che riceve una miriade di finanziamenti dal Golfo non è probabilmente stato facile dire di no ieri a Riad che aveva chiesto al Pakistan più di un appoggio politico alla guerra nello Yemen. Ma il  risoluzione che, dopo cinque giorni di dibattito, afferma che il Pakistan resta neutrale in un conflitto che settario non è ma, dicono i parlamentari pachistani, potrebbe diventarlo. Pronti dunque a rispondere se Riad verrà attaccata nella sua sovranità territoriale ma non disposti a fornirle armi, caccia e navi come i sauditi speravano. 
parlamento di Islamabad, all'unanimità, ha approvato venerdi  una

Il gesto è importante e coraggioso. Coraggioso perché dire di no ai sauditi non è facile. Importante perché il Pakistan apre la finestra negoziale chiamando in causa Onu e Organizzazione della conferenza islamica e proponendosi come possibile mediatore per un'uscita diplomatica e negoziale dalla crisi nel piccolo Paese mediorientale. La reazione arriva, furibonda, per bocca del ministro di Stato per gli Affari Esteri degli Uae Anwar Mohammed Gargash che condanna la posizione "ambigua" del Pakistan e secondo cui a Islamabad starebbe più a cuore quanto dicono Teheran e Ankara, favorevoli a una soluzione negoziale, che non a quanto serve ai fratelli arabi. Il Pakistan acquista dunque un ruolo importante: rompe il fronte che Riad vorrebbe unitissimo ma ricorda al Golfo la composizione di tanti Paesi musulmani, dove non tutti sono arabi e dove non tutti sono sunniti. Nel Paese dei puri prevale una posizione morbida, favorevole alla trattativa e che disinnesca in parte la miccia accesa da Riad che gode di molti appoggio, compreso quello (in parte) occidentale e soprattutto americano. Quanto al Golfo, nello schiacciare Islamabad al fianco di Teheren, Gargash leva il velo sulla vera natura del conflitto: fermare l'avanzata dell'Iran come potenza regionale uscita, dopo Ginevra, dalla condizione di paria. Una condizione da cui anche Islamabad evidentemente vuole uscire.



Inutile dire che nella scelta di Islamabad gioca la realpolitik che si evince non solo dalla composizione degli abitanti del Paese dei puri ma anche dal fatto che l'Iran è un vicino da non irritare. Ma al contempo il passo segna una maturità politica importante e, per una volta,  una scelta che va contro la guerra e invoca l'arma del negoziato.

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