
Come fonti dei talebani avevano comunque già fatto sapere, la nota di ieri reitera che «l'Ufficio Politico dell'Emirato islamico (che si trova a Doha, in Qatar, e che è l'organismo deputato alla trattativa ndr) non è stato tenuto informato in merito ai negoziati», motivo per cui sono prive di fondamento «le voci in circolazione sul fatto che delegati dell'Emirato islamico parteciperanno agli incontri con il permesso dello stimato Ameer ul Momineen, Mullah Akhtar Muhammad Mansoor (che Allah lo salvaguardi). Respingiamo tutte queste voci e inequivocabilmente affermiamo che il leader dell'Emirato islamico non ha autorizzato nessuno a partecipare a questo incontro né lo ha fatto la leadership del Consiglio dell'Emirato». I talebani chiariscono che nessun negoziato è possibile finché non verranno rispettate le precondizioni poste dalla guerriglia a fine gennaio durante una riunione informale promossa dall'Ong internazionale Pugwash: «fine dell'occupazione dell'Afghanistan, eliminazione delle liste nere, liberazione dei prigionieri». La guerriglia accusa infine governo e Stati uniti di utilizzare una doppia condotta: da una parte compiono raid ed espandono l'attività militare, dall'altra fanno propaganda sui risultati positivi del Comitato quadrilaterale, una commissione formata da emissari di Islamabad, Kabul, Washington e Pechino che avrebbe dovuto stendere la “road map” per predisporre l'avvio del negoziato ufficiale. Che per ora sembra nuovamente congelato.

Il movimento talebano è molto diviso non da oggi e, dopo la morte di mullah Omar, alcuni esponenti del movimento e comandanti dei vari distretti non hanno gradito la manovra “centralista” con cui Mansur, già braccio destro di Omar, ha creato le condizioni per la sua nomina a nuova guida del movimento. Alcune defezioni sono state recuperate ma altre restano. Infine c'è la variabile Hezb Islami, la fazione – non esattamente talebana – che fa capo al vecchio mujahedin Hekmatyar e che controlla diverse aree nel Nord – Nord-est. Senza contare la minaccia rappresentata da Daesh, un movimento ancora debole in Afghanistan e confinato solo in alcuni distretti, ma che rappresenta un polo di attrazione per i nemici di Mansur. Che dimostra però di aver ben compreso la lezione della propaganda e della comunicazione, e assai meglio di Hekmatyar o dei pur abili (ma non in Afghanistan) comunicatori di Daesh.
Quanto alla controparte, la Quadrilaterale per ora ha partorito un topolino. Tra l'altro, forse, sconta il peccato originale di rappresentare un quadro internazionale molto ristretto anche se altri Paesi – come la Russia ad esempio – han preso posizione appellandosi ai talebani perché partecipino al tavolo negoziale e la Ue vuole invitare Teheran a una conferenza internazionale da tenersi in ottobre a Bruxelles sul futuro dell'Afghanistan.
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