I risultati del Punjab Forensic Laboratory – responsabile del distretto di Gujrat dove risiede la famiglia - hanno svelato mercoledi che la ragazza non era morta per un attacco cardiaco, come i suoi famigliari avevano detto, ma per strangolamento: facendosi aiutare da uno dei figli maschi – così riferiscono i media locali – il padre l’ha soffocata fino a romperle l'osso del collo, come ha evidenziato l'autopsia eseguita sul corpo disseppellito in aprile. La confessione non fa oggi che confermare l’evidenza dell’esame autoptico.
Scelte editoriali. Diversi media hanno subito dato per scontato, oltre all'omicidio, anche il modo barbaro con cui sarebbe stato eseguito dai pachistani |
Stando alle ultime ricostruzioni, padre, zio e fratello avrebbero anche avuto in mente una fuga in Iran ma le autorità pachistane hanno agito con rapidità e fermezza smentendo un lassismo che viene di solito attribuito al Paese asiatico.
Difficile dire cosa succederà ora: il Pakistan ha sospeso la moratoria sulle esecuzioni capitali e dunque il padre e forse anche i complici rischiano persino la pena di morte, a maggior ragione dopo tanto clamore internazionale sulle vicenda. Difficile per gli avvocati ricorrere all’escamotage del delitto d’onore perché qui si tratterebbe di un omicidio preventivo dovuto forse a un semplice rifiuto verbale della ragazza. In Pakistan inoltre sono molto attivi movimenti e associazioni della società civile che hanno messo sotto accusa leggi che ancora prevedono che tali delitti siano in qualche modo giustificati.
Sui giornali pachistani il caso ha fatto rumore: e nonostante i molti passi avanti della società pachistana – dove il delitto d’onore è ormai sempre più spesso messo sotto accusa dagli attivisti come dalla magistratura – il timore è che il caso di Sana – purtroppo non l’unico – possa alimentare odio e discriminazione verso una comunità numerosa che risiede e lavora nel nostro Paese.
Questo articolo è uscito oggi su il manifesto
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