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mercoledì 27 novembre 2019

"La Grande Illusione" in libreria dal 5 dicembre

Copertina di R. Martinis
La Grande Illusione
A cura di E. Giordana

Saggi di: Affatato, Battiston, Carati, De Maio, Foschini, Giordana, Giunchi, Giustozzi, Sulmoni, Recchia, Sergi, Shiri e un saluto della principessa Soraya. Prefazione di Gianni Rufini, direttore di Amnesty Italia

pag 150 

eu 12,50

Rosenberg&Sellier 2019

In liberia da dicembre


“La Grande illusione” è una raccolta di saggi che raccontano un Paese in guerra da quarant’anni, da quando, nel dicembre del 1979, l’Afghanistan venne invaso dall’Armata Rossa. Cosa distingue quell’invasione da quella che, vent’anni più tardi, doveva vedere l’impiego di 130mila soldati sotto bandiera Nato a salvaguardia di una nuova stagione di pace? La mia tesi – non per forza quella degli altri autori – è che non vi sia nessuna differenza.

Nel violare il primo dei diritti che una guerra nega – il diritto a vivere – sovietici prima e occidentali poi utilizzarono proprio la bandiera del diritto per giustificare la permanenza in armi nel Paese dell’Hindukush. Mosca non agitò il vessillo della libertà e della democrazia ma quello di un’equa distribuzione della terra, del diritto ad avere servizi sanitari e scolastici e del diritto delle donne a essere ministre o direttrici di giornali, non dovendo per forza utilizzare il burqa. Noi agitammo la bandiera della parità di genere e del cambiamento da una società feudale arretrata a una società moderna e democratica che si sarebbe sviluppata con libere elezioni in un Paese dove tutti potevano andare a scuola. La bandiera dei diritti fu dunque utilizzata due volte per due invasioni che non portarono, se non in qualche segmento della popolazione, i benefici promessi. La seconda invasione smantellò inoltre quanto fatto dalla prima: riformando l’esercito o distruggendo il già decotto sistema sanitario nazionale.

Gli afgani poi ci hanno messo del loro, dai mujahedin ai talebani, dai signori della guerra alle élite corrotte e disposte ad agitare vessilli etnico identitari. Ma la nostra responsabilità, accanto a quella di altri comprimari (Islamabad, Teheran, Delhi, Riad), resta la maggiore: per aver coltivato l’ennesima grande illusione e averla tradita. E per la pervicacia con cui continuiamo a restare giustificando una guerra a cui non crediamo più ormai da anni.

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