Il primo comunicato è laconico in perfetto stile militare: ''...alle 10.25 e' stata segnalata una sparatoria con armi automatiche all'interno della base di addestramento aeronautico della Nato per cui e' stata inviata una Forza di reazione rapida...'' Una brutta storia che col correre delle ore presenta un bilancio da strage: nove militari della Nato e un contractor uccisi e cinque soldati afgani feriti. Il colpevole, di nome Ahmad Gul anche lui morto, era un pilota dell'esercito afgano. I talebani rivendicano a breve giro di comunicato anche se qualche dubbio è lecito avanzarlo e si avanza l'ipotesi di un diverbio finito nel sangue. Le rivendicazioni del resto seguono sempre qualsiasi azioni: “mettono il cappello”, anzi il turbante, salvo smentite.
Rissa o attentato che sia conviene intanto situare il luogo del conflitto a fuoco: l'aeroporto militare internazionale ai confini settentrionali della capitale afgana, nel Nordest di Kabul. Fino a ieri sinonimo di sicurezza inviolabile.
L'aeroporto militare di Kabul è una struttura completamente rinnovata da due anni e, in molte strutture, nuova di zecca. Entrarci è difficile come uscirne. Se se non siete su un mezzo militare, se non siete passeggeri di una macchina con targa diplomatica (che le targhe spesso non le esibiscono), con un permesso speciale, anzi specialissimo, l'accesso è vietato. Il check point è severissimo e, comunque, una volta entrati, ci sono da fare quasi due chilometri per arrivare al gate delle partenze. Se vi hanno depositato all'ingresso e non avete qualcuno che vi viene a prendere, dovreste vagare a piedi in una sorta di terra di nessuno protetta da alti muri di cemento armato che circondano un perimetro rettangolare arido e vastissimo, una delle zone più off limits della città.
continua su Lettera22
Nessun commento:
Posta un commento