Chi è quel mattacchione che su Youtube, fingendo di lanciarsi da una qualche altura con tanto di casco occhiali e giubbetto paramilitare, si rivela – appena la telecamera allarga – una sorta di comico di periferia che attraversa le strade di Usuhaia, capitale della Terra del fuoco, con una sedia attaccata al groppone? Oui, je suis Nicolas Hulot: ecco il nuovo candidato all’Eliseo del partito verde francese. O almeno vorrebbe esserlo, in vista delle presidenziali del 2012.
La rivelazione dell’autocandidatura verde di Nicolas è di metà aprile ma da allora impazzano le polemiche. Chi non lo conosceva lo ha visto su Youtube fare il buffone con la sedia sul dorso o impegnato in qualche prova di coraggio su aerei d’alta quota e, nei casi migliori, tra qualche fiore tropicale o col microfono davanti alla faccia di un indigeno in via d’estinzione. Chi lo conosceva, i francesi soprattutto, ne sa parecchio perché Nicolas Hulot, presentatore televisivo prestatosi alla politica, ha una carriera da roboante protagonista nella fortunata trasmissione televisiva verde del primo canale francese che si chiama appunto Ushaia.
Sembra, di primo acchito, il prototipo perfetto del candidato catodico o, se preferite, digitale. Poche parole chiare e sufficientemente vaghe, qualche pervicace buco di memoria, bella presenza, buona dizione, una discreta approssimazione generalista. Il tutto al servizio dell’ecologia.
Quando Hulot, omologo del famoso personaggio di Tati immortalato sulla celluloide nelle spericolate e ridicole vacanze del francese medio anni Cinquanta, ha preso la grande decisione, l’ha spiegata così: “Dopo 35 anni ho percorso il mondo e l’ho visto cambiare. Ho esplorato le sue bellezze e partecipato della sua felicità ma allo stesso tempo ho misurato l’aggravarsi simultaneo dell’illegalità e della distruzione della natura…”. Conclusione apodittica ma incisiva: “…l’urgenza e il senso del dovere ci impongono di cambiare marcia”. A giudicare il personaggio, la marcia sembra più la quinta che non la seconda – come suggerirebbero i teorici della decrescita che in Francia hanno i loro padri nobili – e per altro l’uomo a tout vitesse si è attirato subito una valanga di critiche, incluse quelle dei suoi compagni verdi di strada. Quantomeno: distinguo, prudenza, sarcasmo. E qualche grave accusa.
Daniel Cohn Bendit, verde francese di origine tedesca, a capo dei Verdi nel parlamento europeo, è rimasto molto sulle sue. Con un discreto scetticismo che riguarda però, più che Hulot, i verdi francesi in generale, troppo interessati a stabilire se Nicolas è di destra o di sinistra. Un argomento che però continua ad appassionare gli ecolò d’Oltralpe che si infiammano sui blog e naturalmente sul palcoscenico politico. Per la verità pure Cecile Duflot è rimasta fredda: segretaria nazionale di Europe Ecologie-Les Verts dal novembre 2010, si è limitata a ricordare che all’inizio dell’estate ci saranno le primarie in cui i verdi sceglieranno il candidato per l’Eliseo. E che il caso Hulot “non la preoccupa”. Ma il magistrato Eva Joly, verde francese con ascendenze norvegesi, ha sparato il carico da ’90 a sole 48 ore dall’autocandidatura di Monsier Hulot: secondo Joly, anche lei in corsa per le presidenziali, dietro a Nic il verde ci sono “gli interessi delle multinazionali e non quelli dei cittadini”, allusione che deriva dal fatto che a sponsorizzare “Ushuaia” su TF1 ci sono grandi gruppi industriali che si sono dati una rinfrescata verde. Anche grazie a Hulot. Infine, gli è stato rimproverato, Nicolas nel suo discorso di investitura si è…dimenticato del nucleare.
Insomma la temperatura è alta. Basterà l’effetto serra del grande schermo a fare di Nicolas Hulot lo sfidante di Nicolas Sarkozy? Si attendono scommesse.
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