Nel nuovo dossier che Amnesty
International dedica all'Afghanistan si torna a discutere sulle
vittime civili. Avevamo imparato dal'ultimo
rapporto di Unama che era la guerriglia talebana la responsabile
del maggior numero di vittime ma Left
in the Dark- un titolo che da solo spiega molte cose - punta il
dito sulle responsabilità occidentali e dunque sulla qualità (i
numeri sono comunque alti) di un intervento fatto all'insegna del
rispetto dei diritti degli afgani. Il dossier, che si concentra in
particolare su attacchi aerei e sui raid notturni compiuti dalle
forze statunitensi, denuncia che persino ciò che appare come un
crimine di guerra è rimasto impunito. La ricerca, attraverso
interviste a vittime e parenti, dice che nessuno dei casi esaminati,
riguardanti oltre 140 civili afgani uccisi, è stato sottoposto a
indagine da parte della giustizia militare americana.
AI
ha indagato 10 operazioni militari Usa tra il 2009 e il 2013 in cui
sono morti oltre 140 civili tra cui donne incinte e almeno 50
bambini, intervistando 125 testimoni, feriti e loro familiari, tra cui anche persone che in precedenza non avevano voluto parlare con
nessuno. Su due dei 10 casi - un raid delle Forze speciali
contro un'abitazione nella provincia di Paktia, nel 2010, e una serie
di sparizioni forzate, torture e uccisioni avvenute nei distretti di
Nerkh e Maidan Shahr, nella provincia di Wardak, tra il novembre 2012
e il febbraio 2013 - esistono prove abbondanti e stringenti di
crimini di guerra secondo AI. Nessuno però è mai stato indagato.
Amnesty
sollecita il futuro governo di Kabul (l'accordo è vicino) ad
assicurarsi che, per fare luce sulle uccisioni dei civili, sia
garantita la possibilità di indagini certe in ogni futuro accordo
bilaterale con Nato e Usa.
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