Maryam al Khawaja |
Mi
è stata chiesta recentemente un'opinione sull'Is, lo Stato
islamico, quel plotone di jihadisti sunniti che impazza in Iraq e
Siria. La risposta, secondo me, la si trova in questo articolo di AlJazeera sull'arresto - al suo arrivo a casa (Bahrein) - di Maryam al
Khawaja, condirettrice del
Gulf Centre for Human Rights. Colpevole di aver insultato il monarca,
Maryam non è soltanto un'attivista ma è anche sciita ed è la
figlia di Abdulhadi Abdulla Hubail al-Khawaja, dal 2011 in galera in Bahrein, ridente democrazia del Golfo a conduzione familiare (come
tutte le altre). Che c'entra, direte voi? Provate a seguire il mio
ragionamento anche se, su questa materia, son solo un osservatore non
certo un ferrato analista.
Ebbene
nel 2011 in Bahrein scattò una rivolta. Era guidata dalla
“minoranza” sciita in un Paese dove la casa regnante è sunnita,
oltre l'80% della popolazione è di religione musulmana e gli sciiti
sono circa due terzi, dunque una considerevole maggioranza. Sono
anche i più poveri e si ribellarono sull'onda delle rivolta arabe.
Li seguivano con attenzione anche quelle migliaia di immigrati che
costituiscono la forza lavoro dei petroregni mediorientali. Ma,
mentre gli occhi erano puntati su Tahrir, nel piccolo reame (1,2
milioni di abitanti) si scatenò una feroce repressione peggiore di
quella egiziana. Di più, temendo che l'Iran approfittasse della
svolta protestataria i sauditi, forti dell'appoggio del Consiglio del
Golfo, inviarono i carri armati. La famiglia reale dei Khalifa era
ovviamente d'accordo, perché soldati e polizia non erano in
grado di contenere la rivolta. A parte qualche timido distinguo,
lasciammo correre: nessuna condanna, nessuna sanzione. Un silenzio
dorato come i petrodollari sauditi. Demmo il via libera. E
cominciarono li anche le nostre responsabilità sulla non ancora
imminente creazione dell'Is
Il generale presidente Abdel Fattah al-Sissi |
E
si, perché la piccola vicenda del Bahrein rivela molto più di
quanto non sembri e spiega perché i sauditi e gli emirati abbiano
appoggiato prima i Fratelli musulmani (che poi Riad ha bollato di
terrorismo) e adesso l'Is. Mai apertamente sia chiaro. In forma
“privata”, come spiega bene una convincente ricostruzione
dell'Independent. All'epoca delle rivolte arabe, il Golfo e Riad
pensarono che l'unico modo di contenere le folle fosse puntare sui
Fratelli musulmani. Ciò avrebbe contenuto le spinte rivoluzionarie e
cambiato gli equilibri dando forza a chi da sempre ha sostenuto la
Fratellanza. Ma a Riad poi non piacque più quel Morsi che, seppur in
modo univoco e autoritario, diventava un modello di democrazia arabo islamica.
Era stato eletto e la Fratellanza aveva sposato la nefasta idea di
libere elezioni, nel bene o nel male. Riad abbandonò Morsi al suo
destino e gli preferì un generale. I generali, si sa, sono sempre
fedeli e chiudono la bocca a chi ha troppi grilli per la testa. Anche
in quel caso restammo a bocche semicucite. Qualche timida condanna
ma, in fondo, sempre meglio un generale di un islamista.
Per
la casa regnate dei Saud, non meno che per gli emirati più o meno
democratici del Golfo, tutto va bene purché non si metta in
discussione la monarchia. Per i Saud la posta vale doppio perché la
casa regnante è anche la custode dei luoghi sacri e dunque
legittimata a rappresentare la Umma, la comunità dei credenti. I
Saud sono soliti dare una mano ai gruppi radicali e rompere gli
equilibri ma poi son pronti ad abbandonare i loro protetti quando
possano diventare una minaccia, anche ideale, al loro ordine
costituito. Avvenne ieri con bin Laden, oggi con la Fratellanza.
Aiutano la nascita dei mostri e poi, quando crescono troppo, lasciano
che a pensarci sia Washington, sempre pronta, come noi, a dare
all'untore islamico.
Rohani. A Riad non piace |
Se
per i Saud e le monarchie del Golfo il potere delle proprie case
regnanti è l'ossessione numero uno, l'ossessione numero due è
l'Iran. L'Iran è un mostro peggiore per sauditi e golfisti
assai più che per noi e gli americani. Perché sono sciiti? Anche,
ed è una storia che viene da lontano. Ma soprattutto perché sono
potenti, colti e intelligenti e da sempre cercano di affermare il
loro ruolo di potenza regionale. Fermate le primavere arabe, col nostro tacito consenso, fermate le ingerenze negli emirati (vedi
Bahrein), fatta fuori – col nostro aiuto – la scheggia impazzita
Gheddafi (per nulla prono ai voleri dei Saud), adesso restavano però da sistemare Iraq e Siria, dove soffia il vento della rivolta e dove
l'Iran sta mettendo troppo lo zampino. Eppoi prima c'era quel perfetto imbelle di Ahmadinejad ma adesso con Rohani la musica è cambiata, tanto che Usa e Ue lo stanno a sentire. Correre ai ripari: l'Iraq è dominato dagli
sciiti in quel disastro che gli americani han combinato entrando come
un'elefante nella delicate cristalleria degli equilibri locali. E in
Siria, guarda guarda, l'Iran gioca sporco aiutando Assad con Hezbollah, così come
fa in Libano (ma li c'è Israele che contiene). Bisogna agire, ma
come?
Ecco
che arriva lo Stato Islamico e le sue sigle e siglette. Come per i
talebani e la loro marcia rapida e vittoriosa in Afghanistan dal
Pakistan, arrivano per loro soldi, armi e mezzi. Possibile che
abbiano rubato all'esercito iracheno 30, 40, 50 blindati o Humwee
nuovi di zecca? E così mitra e lanciarazzi? Ricostruire il percorso
è complesso ma è anche bizzarro che una corsa alle armi di questo
genere sia sfuggita alle nostre intelligence. Non si nasconde una
colonna di blindati. E qui, se volete, c'è un'altra direzione da
prendere. Sapete quante
armi abbiamo venduto ai Saud negli anni scorsi? Per circa 126 milioni
di dollari nel solo 2013. Una bazzecola rispetto a quanto spendono in totale
ma...è gente con cui si fanno buoni affari. Nel
2013 – spiega bene questo articolo di Giorgio Beretta - sono state
autorizzate, nel Medio Oriente, esportazioni di armi italiane per un
valore di 709 milioni di euro. In cambio, forse, si chiude un occhio.
Al Baghdadi in una foto segnaletica americana del 2005 |
Tornando
all'Is, adesso i Saud
negano l'addebito e in effetti pubblicamente non han certo mai
appoggiato questi mercenari dell'Islam. Ma la casa regnante ha chiuso
un occhio e anche l'altro sulle donazioni private provenienti dalla
petromonarchia dove, per dirne una, i più ricchi cittadini del regno
appartengono o sono assai vicini alla famiglai reale. L'Is è del
resto il rimedio formidabile per contenere l'Iran e gli sciiti. Non è
dunque una guerra di religione contro gli infedeli. Non è il
raffinato (seppur barbaro) progetto di jihad globale di Osama bin Laden. E' una
guerra contro gli sciiti in quanto alleati inevitabili di Teheran.
Ecco da dove viene l'Is ed ecco dove probabilmente va. Nessun
pericolo per noi. Quando avranno ucciso l'ultimo sciita torneranno
alla moschea.
* su segnalazione di un lettore, un ottimo articolo sul tema di Giandomenico Picco
* su segnalazione di un lettore, un ottimo articolo sul tema di Giandomenico Picco
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