La bandiera del Ttp, i talebani pachistani |
Ma se a Washington qualcosa si muove, molto di muove anche a Islamabad – dove il premier Nawaz Sharif ha decretato la fine della moratoria sulle esecuzioni capitali in caso di terrorismo – e tra Islamabad e Kabul dove ieri è volato Raheel Sharif, il capo dell'esercito pachistano, che ha incontrato il neo presidente Ashraf Ghani e il comandante Nato John Campbell. Questa volta, anziché assistere all'ennesima reprimenda di Kabul per l'ospitalità concessa ai talebani afgani, le parti si sono invertite. Raheel ha chiesto aiuto a Kabul proprio per i santuari afgani che ospitano i talebani pachistani tra cui il capo del Tehreek-e-Taleban Pakistan (Ttp), mullah Fazlullah (noto come Radio mullah). Secondo Raheel gli ordini per la strage di martedì sarebbero partiti proprio dall'Afghanistan: dal cellulare di Umar Naray (alias Umar Khalifa Adinzai, comandate della piccola fazione Tariq Geedar con base nella zona di Darra Adam Khel e già responsabile di un attacco contro un aereo della Pakistan Airlines a Peshawar in giugno). Anche lui è rifugiato sulle montagne afgane. La sua fazione ha anche mostrato immagini del commando stragista: sei uomini tra cui il comandante Omar Mansoor, tutti uccisi nell'operativo nell'esercito per liberare la scuola.
Il simbolo dei talebani afgani. Sopra a sn mullah Omar |
La galassia talebana dunque non è solo braccata: è in fermento e piena di spaccature. Finora l'ha fatta franca proprio approfittando della lotta tra Pakistan, India, Afghanistan e Nato, riuscendo a servirsi molto spesso della protezione di servizi segreti compiacenti pur di far danno al Paese nemico. Fenomeno arricchito dal denaro che arriva dal Golfo, dall'Iran o dall'Arabia saudita sempre in cerca di alleati per combattersi per interposto Paese. Ma la tolleranza o addirittura la connivenza tra gruppi radicali e servizi ha finito per allevare mostri che si sono poi rivoltati anche contro la mano di chi li nutriva (lo stesso è per altro avvenuto con Al Qaeda). Se Kabul e Islamabad troveranno un accordo e sapranno sfruttare le divisioni interne, il radicalismo islamico avrebbe vita davvero difficile anche perché il consenso, figlio della povertà di queste regioni, si è ormai ridotto al lumicino davanti a stragi come quella di Peshawar con numeri così enormi che per trovare analogie bisogna tornare al 2007, anno di nascita del Ttp, quando un attentato in ottobre a Benazir Bhutto (che poi fu uccisa in dicembre) lo pagarono 139 vittime civili.
Sfiancato dall'operazione Zarb-e-Azb, il Ttp sembra giocare l'ultima carta rimastagli: il terrore puro. Ma se perde l'aiuto dei servizi deviati e i rifugi sicuri su cui anche Kabul ha chiuso un occhio e se si prosciugano i finanziamenti occulti che lo mantengono in salute, la partita potrebbe chiudersi. Solo con la violenza? Non sembra quella l'unica strada e ripristinare la pena di morte non risolverà. In Pakistan come in Afghanistan va tentata anche la via negoziale con chi ha orecchie e anima per praticarla. Il documento della shura di Quetta indica che anche questo cammino va percorso.
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