Il
bilancio è per ora di 27 vittime e almeno 70 feriti, in gran parte
donne e bambini. La strage è avvenuta durante un matrimonio
mercoledì scorso nel villaggio di Milan Rodi, distretto di Sangin
nel Sud del paese. Ma questa volta la Nato non c'entra e nemmeno i
talebani, come all'inizio era stato invece denunciato.
Le
vittime sarebbero state infatti l'oggetto di un bombardamento con
mortai contro una festa di matrimonio dove un gruppo di guerriglieri
si sarebbe rifugiato. Nella zona la guerriglia è ben posizionata e,
come si sono giustificati i militari, è difficile per esercito e
polizia nazionali operare senza rischi; da qui a bombardare una
residenza piena di civili però ce ne corre. Il presidente Ashraf
Ghani, alle prese con la sua prima grossa grana di guerra che
coinvolge oltre a molti civili le responsabilità del “suo”
esercito, ha mandato nella provincia di Helmand, dove si trova il
villaggio, una nuova equipe di inquirenti, allo scopo di indagare
sulla strage del mercoledì il cui primo rapporto non ha affatto
soddisfatto il neo capo dello Stato che ha tra l'altro in quelle aree
parte della sua base elettorale. Non si tratta solo di un caso di
coscienza: ieri per il terzo giorno consecutivo la gente è scesa in
piazza andando a protestare nella capitale della omonima provincia di
Lashkargah dove sono arrivati anche diversi parlamentari che però,
per motivi di sicurezza, non hanno poi raggiunto i ricoveri dei
feriti suscitando polemiche in una zona sotto controllo della
guerriglia e dove quindi l'attenzione a come si muovono (o non si
muovono) Stato e parlamento è molto alta (Ghani fra l'altro non ha
ancora formato l'esecutivo). La gente del posto vuole che i
responsabili della strage vengano processati e puniti.
Il
matrimonio è un rito collettivo che in Afghanistan rappresenta un
momento più che centrale nella vita delle famiglie e dell'intero
villaggio. Ma questa tradizione è stata più volte macchiata dal
sangue di stragi che hanno colpito feste o processioni nuziali,
trasformando le nozze in funerali.
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