Mullah Omar: c'è chi lo vuole già morto ma i suoi uomini hanno rivendicato l'attacco di ieri |
A giudicare dalla rapidissima condanna unanime e dagli attestati di solidarietà – dal Pakistan all'India passando per le Nazioni unite – si potrebbe pensare che l'attacco di ieri abbia segnato un'escalation nella cosiddetta offensiva di primavera. Ma non è così: da due mesi ormai si combatte in gran parte del Paese e i talebani stringono nella morsa Kunduz, città nel Nord per la quale l'esercito prepara l'offensiva. Se i talebani riescono a far parlare di sé, anche le vittorie del governo – sempre di difficile valutazione – vengono rese note ogni giorno con bollettini eclatanti: proprio ieri l'esercito e il ministero dell'Interno avevano reso noto che nelle ultime 24 ore erano stati uccisi 85 “insorgenti”. Messaggi quotidiani. L'esercito dice la sua e i talebani ribattono dal loro sito che, oltre ai documenti di teoria, politica e dottrina, snocciola - come in una macabra agendina - azioni da capitalizzare e uccisioni di “burattini”.
Dietro a tutto ciò, questo almeno il mantra che tutti ripetono, c'è il tentativo di alzare lo scontro per arrivare più forti a un tavolo negoziale che, in qualche modo, si sta apparecchiando. Discorso che vale sia per la guerriglia sia per il governo di Ashraf Ghani, governo bifronte dove il presidente è a capo di un esecutivo condiviso con Abdullah Abdullah, l'eterno secondo alle elezioni che però ha preteso e ottenuto un ruolo da premier. Il governo è in crisi di consensi e questo non è un mistero. Ma i talebani non se la passano meglio: le defezioni ingrossano le fila di un nascente movimento pro-Is, le divisioni interne restano tante e il Pakistan, per la prima volta, sembra fare sul serio. Islamabad avrebbe molto ammorbidito il suo appoggio alla guerriglia afgana e chiesto in cambio a Kabul una mano contro i talebani pachistani (Ttp) che spesso trovano rifugio in Afghanistan. In questo quadro confuso ci sono stati incontri nel Golfo e in Europa. Per ora solo incontri. Piccoli passi che, anziché fermarla, per adesso alimentano la guerra.
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