Vittime civili in Afghanistan: trend in ascesa |
Unama documenta nel 2015 11.002 vittime civili (3.545 morti, 7.457 feriti). I dati mostrano un incremento complessivo del 4% rispetto al 2014 con un trend impressionante: solo per i morti, nel 2009 furono 2.412. L'anno dopo 2.794, nel 2011 salivano a 3.133, nel 2012 scendevano a 2.769, l'anno seguente però erano 2.969, nel 2014 ben 3.701 e 3.545 nel 2015. In questi sette anni, i feriti sono passati da 3556 a oltre settemila, più che raddoppiati. Le vittime (morti e feriti) si devono prima di tutto ai combattimenti sul terreno, seguiti da attentati mirati: ordigni esplosivi (Ied) suicidi, attacchi complessi. E sono gli elementi anti-governativi a causare il maggior danno col 62% del totale. C'è una riduzione del 10% rispetto al 2014 ma il rapporto documenta un crescente uso di tattiche che causano intenzionalmente o indiscriminatamente danni ai civili. Tattiche che potrebbe essere responsabili di vittime non attribuibili alla guerriglia o alle forze pro governative (i combattimenti tra le parti in conflitto senza responsabili valgono per il 17% del totale).
Le forze pro governative invece hanno ucciso più dell'anno precedente, un aumento del 28% che ha causato il 17% delle vittime civili (14% da parte delle forze di sicurezza locali, 2% da forze militari internazionali, 1% da gruppi armati filo-governativi). Le battaglie di terra hanno causato 4.137 vittime civili (1.116 morti e 3.021 feriti), con un incremento del 15% rispetto al 2014. Gli Ied, ordigni esplosivi improvvisati, hanno causato 2.368 vittime civili (713 morti e 1.655 feriti). Anche se ciò rappresenta una diminuzione del 20%, resta la seconda causa di vittime civili in Afghanistan. Nel 2015 infine, il rapporto documenta un aumento del 37% tra le donne e del 14% tra i bambini.
I bombardamenti: in totale hanno ucciso 149 persone e ne hanno ferite 147 con un aumento del 9% rispetto all'anno prima. La maggior parte sono strike internazionali, il resto è invece da attribuire alle forze aree afgane. Una menzione particolare nel dossier riguarda la vicenda dell'ospedale di Msf, condita da «una serie di inconsistenti dichiarazioni pubbliche» sia delle forze internazionali sia di quelle locali, sottolinea il rapporto. Il raid sull'ospedale di Kunduz è costato la vita ad «almeno» 42 persone (43 i feriti). Quell'almeno fa riflettere e va forse applicato anche agli altri numeri.
Tirando le somme: in Afghanistan si spara di più e senza troppi riguardi per i civili. Anzi sempre di meno. La gara a chi uccide di più la vincono i talebani ma la nostra responsabilità non sembra minore. “Nostra” è un termine corretto visto che siamo i mentori, quando non gli accompagnatori e i consiglieri, delle forze armate locali. I talebani si distinguono invece per uccidere con tattiche sempre più mirate che, tra attacchi complessi, kamikaze e ordigni, fan loro portare a casa un bilancio di oltre mille morti, alla faccia del codice di condotta che l'emirato spaccia come un manuale dei diritti cui ogni mujahedin dovrebbe attenersi. Ce n'è anche per Daesh: i numeri sono ancora piccoli ma le tattiche efferate. Pure, se il grado di civiltà si desume dalla qualità delle vittime (i civili) e dal loro peso all'obitorio (persone non cose) nessuno si salva.
A fronte di tutto ciò il processo di pace langue mentre la guerra continua a correre. E le iniziative politiche restano a diverse lunghezze dietro a quella militare. L'Unione europea ha convocato una conferenza sull'Afghanistan per il prossimo ottobre cui pensa di invitare anche l'Iran. E' l'unica notizia (civile) degna di nota.
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