Cappella Orsini
Roma
ore 18,30
Via di Grotta Pinta, 21
(dietro campo dei Fiori)
Eric Salerno e Luigi Spinola discutono con
Soraya Malek ed Emanuele Giordana curatore del volume
La Grande Illusione
L’ Afghanistan in guerra da 40 anni
Rosenberg&Sellier
Iniziata
con l’invasione sovietica, l’ultima guerra afgana compie
quarant’anni con attori diversi ma sempre con le stesse vittime: i
civili. Una lunga guerra della quale Usa e alleati – tra cui
l’Italia - sono tra i maggiori responsabili anche per per
l’ennesima grande illusione: diritti, lavoro, dignità,
uguaglianza. A diciotto anni dall’ultima fase del conflitto
iniziato nel 2001, il disastroso bilancio è anche il manifesto di
come si possa utilizzare la bandiera dei diritti per violarli
ripetutamente. I saggi scritti da autorevoli osservatori delle
vicende afgane disegnano illusioni e sofferenza, le responsabilità
di guerriglia, governo e alleati stranieri, i giochi degli attori
regionali e lo spregiudicato uso di una propaganda cui non credono
più nemmeno i suoi inventori. Una fotografia in bianco e nero dove
il nero trionfa. Un atto d’accusa che, pur riconoscendo la buona
fede di molti, mette il dito nella piaga della malafede tipica di
ogni conflitto.
Cappella Orsini a Roma ospita l'incontro |
Verso
la fine del 1979 l’Unione Sovietica, inizialmente riluttante a
inviare truppe in Afghanistan, invadeva il Paese dell’Hindukush con
80mila uomini e 1800 carri armati. Iniziava una guerra di logoramento
durata dieci anni che alla fine fece decidere al Cremlino il ritiro.
Ultimo conflitto della “Guerra Fredda” e terreno di scontro tra
sovietici e americani, la campagna afgana era costata a Mosca 30mila
morti e oltre 50mila feriti. Fu il colpo decisivo all’implosione
dell’Urss. Ma agli afgani la guerra era costata molto di più:
morte, distruzione, degrado e povertà. Finita una guerra però ne
iniziavano altre: tra i mujahedin e il governo, quella interna alla
guerriglia, quella poi condotta dai Talebani. Anche queste però
erano solo l’anticipo di un conflitto ancora più lungo e non
ancora concluso, iniziato con una nuova occupazione militare guidata
dagli Stati Uniti e dagli alleati della Nato. La guerra infinita, che
nel 2019 compie quarant’anni, segna uno dei più lunghi conflitti
della Storia con il suo corollario di vittime civili e militari,
distruzioni, miseria, illusioni e dolore a fronte di promesse non
mantenute, di una ricostruzione incompiuta e di un fallimento delle
speranze riposte dagli afgani in un intervento che, anziché essere
risolutivo, si è manifestato come un ennesimo capitolo dell’epopea
del “Grande Gioco”, iniziata nell’Ottocento tra Regno unito e
Russia zarista. Tassello geopolitico ineludibile, schiacciato dalle
mire egemoniche di Paesi vicini e lontani, l’Afghanistan è un caso
emblematico di come un Paese di montagne e deserti, povero di risorse
energetiche e naturali, possa diventare il teatro di un incubo
spaventoso e apparentemente senza fine in cui da quarant’anni si
agita il fantasma quotidiano della guerra.
I
saggi di questo volume disegnano la storia recente del Paese e del
suo ultimo conflitto. Le promesse e le speranze ma anche il cinismo e
le ambizioni, gli errori umani e i calcoli politici. Con un solo
grande protagonista da sempre utilizzato solo come comparsa: la sua
popolazione civile. Inascoltata, repressa, ignorata. Saggi di:
Affatato, Battiston, Carati, De Maio, Foschini, Giordana, Giunchi,
Giustozzi, Sulmoni, Recchia, Sergi, Shiri e un saluto della
principessa Soraya. Prefazione di Gianni Rufini, direttore di Amnesty
Italia
Nessun commento:
Posta un commento