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giovedì 22 maggio 2008

SEQUESTRO SOMALO


«Il governo italiano è attivato su più fronti per attivare un contatto con i rapitori, con l'assoluta indispensabile discrezione che merita la vicenda». Lo riferisce Alfredo Mantica alla Camera nella sua prima uscita come sottosegretario agli Esteri. Il tema è il sequestro in Somalia di due cooperanti italiani e di un collega somalo avvenuto ieri mattina a Sud di Mogadiscio

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Il nome che gira in queste ore ha il suono amaro di “shebab”. C'è chi li definisce un fenomeno recente legato all'ala militante delle corti islamiche, chi dice che sono solo l'estensione sotto altra ideologia dei vecchi manipoli che a bordo delle teknike, i pick up con mitragliere tristemente noti, fanno da scorta a chi gira il paese: signori della guerra, capipopolo, giornalisti. Ma il termine shebab indica anche gruppi che hanno da tempo varcato il confine tra criminalità e politica, tra fedeltà clanica e mercenariato, espressione di un disagio che si fa forza lavoro buona per tutte le stagioni. Giovani leoni (shebab vuol dire appunto giovane) che l'agenzia Misna, che ha le fonti meglio informate sulla questione somala, definisce “pistoleri a noleggio”. Il quadro di un paese devastato fa da sfondo alla nascita di questi gruppi che hanno vissuto di una rendita nata con la guerra infinita e che sono cresciuti all'interno delle corti islamiche ma che sarebbero pronti a prestare il loro braccio al diavolo. “Del resto – avverte Mantica, che l'Africa conosce bene – dire corti islamiche è come dire talebani: c'è dentro di tutto”. Ma in questo “di tutto” c'è anche molta criminalità, una paese allo sbando che produce aggregazioni anche improvvisate dedite all'estorsione, l'ipotesi al momento più gettonata....

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