E' di un paio di giorni fa la notizia che l'Ufficio dell'Alto commissario per i diritti umani ha aperto un'inchiesta – su domanda di diversi Paesi – per capire i danni dei droni tra la popolazione civili e se la loro azione non si possa configurare come un crimine di guerra. Gli aerei senza pilota sono un'arma “moderna” ritenuta efficacissima dal Pentagono ma a cui tutti guardano, da Israele alla Germania passando per l'Italia, come alla forma bellica del futuro. Tu stai a casa, non rischi una ghirba, guardi e spingi un bottone. C'è ovviamente un problema etico su come si fa la guerra ma non è questo il punto. Il punto è, sembra di capire dall'inchiesta, se questa arma efficacissima nel colpire criminali e terroristi non sia altrettanto efficace nel colpire i comuni mortali che si trovano nell'area. Gli errori commessi dai droni sono già tantissimi benché le loro scorribande siano coperte da segreto militare. Chissà se ne sapessimo di più.
L'emittente qatariotaAl Jazeera spiega che l'Onu intende studiare 25 casi (vedi la lista del team investigativo) in cui sarebbero morti almeno 500 civili in operazioni in Yemen, nelle aree tribali del Pakistan, in Somalia, Afghanistan e Gaza. In realtà i numeri sembrano molto più alti.
Le operazioni dei droni sono materia controversa come controversi sono per altro i numeri: quante ne sono state fatte, quanta gente hanno ucciso, quanti civili (utile dare un'occhiata a questo ottimo lavoro del Bureau of Investigative Journalism)? Ma la decisione dell'ufficio della serissima e determinata signora Pillay non è solo senza precedenti: segna un nuovo punto a favore del diritto in una materia, la guerra, nella quale la tecnologia fa passi da gigante (meno, il diritto).
Le operazioni dei droni sono migliaia ma la maggior parte sono di carattere ricognitivo. Per quel che se ne sa, per fare un esempio che riguarda il Pakistan nel periodo 2004-2013, i dati raccolti (mettendo insieme più fonti) dicono che: il totale dei bombardamenti con droni è stato di 362 azioni (di cui 310 imputabili all'amministrazione Obama). I morti oscillano tra 2.629 e 3.461. I civili tra 475 e 891 (di cui 176 sarebbero bambini). I feriti tra 1.267 e 1.431.
Qui sotto avete una tabella dell'andamento anno per anno per quel che riguarda i morti civili
Si comprende bene che era proprio ora di darsi da fare.
Visualizzazioni ultimo mese
Cerca nel blog
Translate
Visualizzazione post con etichetta Somalia. Mostra tutti i post
Visualizzazione post con etichetta Somalia. Mostra tutti i post
sabato 26 gennaio 2013
giovedì 22 maggio 2008
SEQUESTRO SOMALO

«Il governo italiano è attivato su più fronti per attivare un contatto con i rapitori, con l'assoluta indispensabile discrezione che merita la vicenda». Lo riferisce Alfredo Mantica alla Camera nella sua prima uscita come sottosegretario agli Esteri. Il tema è il sequestro in Somalia di due cooperanti italiani e di un collega somalo avvenuto ieri mattina a Sud di Mogadiscio
* * * *
Il nome che gira in queste ore ha il suono amaro di “shebab”. C'è chi li definisce un fenomeno recente legato all'ala militante delle corti islamiche, chi dice che sono solo l'estensione sotto altra ideologia dei vecchi manipoli che a bordo delle teknike, i pick up con mitragliere tristemente noti, fanno da scorta a chi gira il paese: signori della guerra, capipopolo, giornalisti. Ma il termine shebab indica anche gruppi che hanno da tempo varcato il confine tra criminalità e politica, tra fedeltà clanica e mercenariato, espressione di un disagio che si fa forza lavoro buona per tutte le stagioni. Giovani leoni (shebab vuol dire appunto giovane) che l'agenzia Misna, che ha le fonti meglio informate sulla questione somala, definisce “pistoleri a noleggio”. Il quadro di un paese devastato fa da sfondo alla nascita di questi gruppi che hanno vissuto di una rendita nata con la guerra infinita e che sono cresciuti all'interno delle corti islamiche ma che sarebbero pronti a prestare il loro braccio al diavolo. “Del resto – avverte Mantica, che l'Africa conosce bene – dire corti islamiche è come dire talebani: c'è dentro di tutto”. Ma in questo “di tutto” c'è anche molta criminalità, una paese allo sbando che produce aggregazioni anche improvvisate dedite all'estorsione, l'ipotesi al momento più gettonata....
Leggi il seguito re altri articoli die miei colleghi su Lettera22
Iscriviti a:
Post (Atom)