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domenica 22 giugno 2008

IMPUNITA', UNA LEZIONE DA GIACARTA



Ci sono voluti quattro anni ma alla fine il mandante dell'avvelenamento di un attivista per i diritti umani indonesiano è finito in manette. E non è cosa da poco visto che si tratta di un generale, già vice direttore dei servizi segreti (Bin) e con un passato di comandante del Kopassus, il corpo d'élite dell'esercito indonesiano noto per essere stato la punta di diamante della dittatura conclusasi nel 1998. Il generale Muchdi Purwopranjono è tra quelli che la resistenza timorese indicò nella rosa dei grandi mostri di Timor Est. Noto quanto lo era Munir (nell'immagine), questo il nome dell'attivista ucciso, per la su attività di denuncia proprio delle malefatte indonesiane nell'ormai ex provincia indonesiana.
Il generale si è consegnato spontaneamente forse sperando di farla franca ma non gli sarà facile. Rischia la pena capitale per omicidio premeditato e poiché il “caso Munir” ha fatto il giro del mondo, il suo arresto è adesso il segno che la fragile democrazia indonesiana è anche uno stato di diritto. Prova che ancora manca dopo che il dittatore Suharto, morto qualche mese fa, è passato a miglior vita senza esser giudicato da alcun tribunale.
La vicenda risale al 7 settembre 2004. Munir, 39 anni, segnalato come giovane leader emergente asiatico dalla rivista AsiaWeek, noto per le indagini sulle stragi a Timor grazie a cui cui aveva dimostrato i legami tra esercito e milizia unionista, decide di partire per l'Olanda con un volo Garuda, la compagnia di bandiera. Ma ad Amsterdam, il fondatore di Kontras (Commissione per gli scomparsi e le vittime di violenza) arriva morto. Lo coglie un “malore” in volo. I medici olandesi però gli praticano l'autopsia e fanno gli esami due volte prima di consegnarli, il 9 novembre, agli indonesiani. Rilevano nel suo corpo una quantità di arsenico dieci volte superiore a quella tollerabile: nelle urine, nel sangue, nello stomaco.
Le indagini indonesiane, che si avvalgono di una commissione ad hoc voluta dall'attuale presidente Yudhoyono, portano all'arresto – con condanna a vent'anni per omicidio - di un pilota della Garuda, Pollycarpus Budihari Priyanto. E' sua la mano che avvelena Munir all'aeroporto di Sdingapore. Si trova su quel volo con un foglio di servizio firmato dal direttore della compagnia Indra Setiawan, poi condannato a un anno e ora libero dopo 10 mesi di pena. Al processo del pilota, colpo di scena: un agente dell'intelligence, Budi Santoso, fa il nome del potente Muchdi che lo aveva incaricato di dare a Pollycarpus in due riprese circa 1500 dollari (una discreta cifra in Indonesia). Pollycarpus nega ma la corte non gli crede. Le indagini scoprono che l'omicidio è figlio dei servizi: viene coinvolto l'ex altro funzionario As'ad, per le pressioni su Garuda, e infine si arriva a Muchdi, il mandante nell'ombra. In fatto di impunità l'Indonesia potrà d'ora in avanti andare a testa alta. E forse insegnare qualcosa persino ai paesi di più antica civiltà giuridica. Come l'Italia, ad esempio.

1 commento:

Anonimo ha detto...

Purtroppo proprio sul decreto intercettazioni e pesanti pene per i giornalisti che divulgano notizie su indagini in corso saremo un paese forse peggiore dell'Indonesia come libertà di informazione.