“Abbiamo accolto con favore la notizia che il sito di Amnesty sia accessibile dal Centro stampa olimpico e probabilmente da altri computer a Pechino. Tuttavia, bloccare e sbloccare arbitrariamente determinati siti non basta a soddisfare l'obbligo di rispettare gli standard internazionali in materia di libertà d'espressione e d'informazione”. Così Roseanne Rife, vicedirettrice del Programma Asia/Pacifico di Amnesty International dopo che la buona novella si affaccia nei notiziari: Pechino ha deciso di rimuovere la censura imposta ad alcuni siti Internet e così sono tornati accessibili, quantomeno dal centro stampa dedicato agli inviati stranieri, i website di Bbc, Wikipedia, Human Rights Watch o dell'emittente americana Radio Free Asia e, appunto di Amnesty. Inoltre, il Comitato organizzatore dei Giochi ha garantito facilitazioni per l'accesso al web giudicato troppo lento.
Ma fuori del media centre restano comunque sbarrati molti siti “sensibili”, anche se le testimonianze da Pechino dicono che alcuni dei website sarebbero parzialmente accessibili anche da altre parti della capitale. Politica della macchia di leopardo dunque, che non promette che una timida apertura con limitazioni parziali e sempre suscettibili di novità censorie. E non dev'essere un caso che, mentre Pechino da una parte apre, dall'altra inviti a non strumentalizzare politicamente le date olimpiche. Scende in campo direttamente il presidente Hu Jintao che, in una delle sue rare conferenze stampa, ribadisce che politicizzare l'evento può solo minarne la portata. Accompagna le sue raccomandazioni con un invito al dialogo e fa dunque specie che uno dei siti ancora sotto oscuramente sia proprio....www.thechinadebate.org, un forum creato da Amnesty per promuovere il dibattito sulla situazione dei diritti umani in Cina.
Insomma nella Cina preolimpiadi il nervosismo è patente. Aumentato anche dall'arrivo di una cattiva notizia pur se fortunatamente senza danni collaterali: un terremoto di magnitudo 6.1 della scala Richter è stato registrato nella provincia cinese del Sichuan, alle 4.32 di ieri mattina ora locale. Una scossa di assestamento con epicentro nell'area compresa tra le contee Pingwu e Beichuan e la città di Mianyang City. Un leggero movimento tellurico è stato registrato anche nel Chengdu, dicono i sismologi cinesi. Assestamenti che risvegliano comunque la paura innescata dal recente sisma che ha colpito duro la Repubblica popolare e il cui ricordo è tra l'altro appena legato ai guai (un anno di “rieducazione”) passati dall'insegnante di una scuola media di Guanghan che aveva messo in rete immagini scattate dopo il sisma di maggio.
Quanto al web restano off limits le pagine del Falun Gong che il governo di Pechino considera una minaccia per la sicurezza nazionale. Decisione che a molti non è piaciuta. E del resto i critici non smettono di parlare. Tra i tanti Daniel Cohn-Bendit, l'ex leader del maggio francese, ha lanciato un nuovo appello ai leader occidentali affinché boicottino la cerimonia di apertura dei Giochi. “Andare all'apertura dei Giochi olimpici è un errore e sarebbe stato importante dare un segnale politico forte, tanto più che i cinesi non hanno rispettato nessuno degli impegni assunti quando si decise che i Giochi olimpici si sarebbero svolti a Pechino”. Tra si e no, vado non vado e prove di mini democrazia via rete, l'appuntamento dell'8 agosto si dimostra comunque interessante. E, politicizzati o meno, i Giochi in Cina resteranno un buon precedente per scrutinare chi li ospita. Dimostrando che lo sport non può comunque nascondere le verità che non piacciono ai governi.
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