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mercoledì 4 marzo 2009
LE REGOLE DEL GIOCO
Il gioco al massacro è già cominciato. Smentendo il presidente e il suo decreto di due giorni fa, il capo della Commissione indipendente per le elezioni, ha detto che prima di agosto di votare non se ne parla. E ha invocato le due maggiori divinità che tutelano il paese: la sicurezza e il denaro. Mancano, pare, entrambe. Che ci possa essere maggior sicurezza ad agosto che non in aprile è una scommessa su cui si esercitano i bagarini. Che arrivi il denaro invece è più probabile. Non perché ad aprile non sia disponibile, ma perché è l'unica vera arma nelle mani della comunità internazionale.
Cosa c'è dietro questo teatro delle ombre declinato in salsa afgana? Non sbaglia forse chi sostiene che Karzai si gioca il tutto per tutto e, con una sfida anticipata ad aprile (in regola con la Costituzione) pensa di sparigliare il mazzo su cui si affannano i cinque o sei candidati più accreditati, usciti più o meno allo scoperto. Aprile è vicino e organizzare una campagna elettorale in due mesi scarsi è complicato. Ad agosto ci sarebbe più tempo per affilare le armi e fare promesse, conquistare elettori e clientele, scegliere alleanze. Il rinvio dunque favorisce gli avversari. La clessidra che rapidamente si svuota favorisce Karzai. Cosa ne pensa il popolino di tutto ciò?
Kei Eide, il capo di Unama, dice che agosto è la data giusta. E' forse la stessa idea degli americani. Il mio timore è che gli afgani siano dannatamente indifferenti a una corsa elettorale che assomiglia sempre di meno alle consultazioni cui erano abituati. Almeno nella Loya Jirga si sapeva che a decidere erano i maggiorenti. E, quando c'era il re, che il bastone del comando toccava a un Durrani. Ma adesso c'è la democrazia e le regole del gioco sfuggono un po' alla comprensione, credo. Adesso i giochi si fanno dietro le quinte con l'illusione di una trasparenza che non c'è ma su cui tutti sono per forza d'accordo. Per convenzione.
E' la democrazia bellezza, la più bella illusione del secolo breve appena concluso e di questo in cui viviamo e che non si sa quanto durerà. Ma a tanti deve sembrare molto poco convincente. La democrazia è bella quando il re è nudo e tutti sanno dove si elaborano le finzioni per renderla convenzionalmente accettabile. Noi ci siamo abituati. Ma a tanti, in quelle terre d'Oriente, deve sembrare proprio la brutta copia della cara, vecchia Jirga. E a dirla tutta, lo sembra anche a me.
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