Visualizzazioni ultimo mese

Cerca nel blog

Translate

giovedì 3 settembre 2009

PAPAVER SOMNIFERUM

La produzione di oppio in Afghanistan decresce: presto per parlare di un cambiamento significativo. Ma intanto si registra quello di Unodc, l'agenzia Onu che ha diffuso ieri il suo dossier sulle droghe nel paese in guerra. Riconoscendo errori e proponendo un principio: il problema non è sradicare l'oppio ma la povertà


La produzione di oppio in Afghanistan cala. E' questa la notizia contenuta nel dossier annuale sull'Afghanistan dell'organizzazione dell'Onu per la lotta contro la droga e il crimine, diretta dall'italiano Antonio Maria Costa. Ma in realtà la notizia vera è un'altra. L'Unodc, sino a ieri un produttore contabile di numeri, inizia a pensare in termini strategici. A porsi qualche domanda e a proporre soluzioni, addirittura criticando i Prt, le istituzioni militari con le quali gli eserciti pretendono di creare condizioni di sviluppo.
Qualcosa è successo. Forse il vento di Obama scuote anche Vienna. Così che, per la prima volta, il dossier dell'Onu diventa qualcosa di più che un manuale per ragionieri e bibliotecari degli indici di produzione dell'oppio. E' c'è anche una scoperta, pur se un po' tardiva: il mercato dell'oppio afgano si va “colombianizzando” e nascono i primi narco-cartelli, in cui la commistione tra crimine, denaro e ideologia si fonde in una miscela dove – inutile dirlo – esce vittorioso il denaro. Ma andiamo con ordine. Cominciando, come si deve, dai numeri.

Nel 2009 la coltivazione del papavero è diminuita di circa 34mila ettari, ossia del del 22%: da 157mila l'anno precedente ai 123 attuali. E nella sola provincia di Helmand, l'area di grande produzione dove la guerra aiuta il mercato illegale, il decremento è stato di un terzo portando la zona coltivata a meno di 70mila ettari (il che fa comunque quasi la metà dell'intera produzione-paese). C'è molto da fare ma l'offensiva antinarcos, dice il rapporto, sta in parte funzionando, aiutata dalle condizione del mercato (che favoriscono la semina di altre derrate) e dagli incentivi per sostituire le coltivazioni, un elemento che però, ammette Unodc, resta marginale. Anche le province poppy-free, ossia esenti da coltivazioni illegali, sono aumentate (passando da 18 a 20), in quattro l'oppio resta marginale (Kabul 132 ha, Kunar 164, Laghman 135, Nangarhar 294) e in altre tre (Badakhshan, Herat, Nimroz) lo status di poppy-free dovrebbe essere raggiunto nel 2010. Infine la produzione potrebbe considerarsi ulteriormente diminuita poiché è aumentata la resa per ettaro, in alcune zone arrivata a 56 kg (49 era stato il massimo l'anno scorso) il che fa, tra l'altro, oltre cinque volte tanto quanto si produce nel “Triangolo d'oro” birmano (10kg/ettaro). La produzione totale è dunque stata di 6.900 tonnellate (10% in meno rispetto all'anno prima nonostante un calo produttivo del 22%). Infine, 800mila contadini avrebbero lasciato la coltivazione dell'oppio.
Un'ultima scorsa ai numeri la meritano i prezzi: da 70 dollari al chilo, l'oppio fresco, cioè dal produttore, è sceso a 48 mentre la varietà stagionata è passata da 95 a 64. Prezzi bassissimi anche per un eccesso di produzione che vede i magazzini criminali strapieni: se la domanda annuale di oppiacei non supera le 5mila tonnellate l'anno, dice Unodc, ce ne sono almeno 10mila già stoccate. Interessante anche per il mercato locale, in espansione dice con preoccupazione Unodc (in Afghanistan ci sono 200mila tossicomani, ma sono dati vecchi).


La parte interessante del dossier riguarda il narcotraffico: la nascita di narcocartelli che riecheggiano la Colombia, dove la commistione tra ideologia e droga finisce a produrre un nuovo tipo di criminalità in cui si mescolano, su un fragile confine, le due componenti. Un'analisi che resta da approfondire ma di cui Unodc dà conto facendo anche capire quanto il labile confine possa persino danneggiare la guerriglia, che prima taglieggiava e imponeva decime ma che adesso sceglie il narcotraffico vero e proprio. Col rischio di perdere la purezza ideologica a favore del più seducente richiamo del denaro facile.
Sul da farsi è ancora nebbia ma qualche spunto arriva. Non tanto dalle operazioni di sequestro di oppio ed eroina (che incidono per una “frazione” del mercato illegale) quanto da un cambio di strategia. Unodc ammette che quella delle eradicazioni (bruciare o fumigare i campi) non funziona e aggiunge che quella da sradicare, non è tanto la pianta del papavero quanto “la povertà”. Ma le condizioni di sviluppo devono essere reali, non forme di “corruzione” dei contadini (soldi per cambiare idea) ma una combinazione di fattori. E non basata, dice Unodc dando una stoccata alle politiche militari di conquista di “cuori e menti”, con piccoli progetti attorno ai Prt che servono in realtà soprattutto per difendere i soldati stessi.
L'impunità resta uno dei fattori chiave. “Il target – scrive Costa nella sua nota introduttiva – non devono essere i contadini poveri ma i criminali ricchi”, quelli – aggiungeremo noi – che oltre alle armi detengono la terra, un problema che Unodc però non tocca e che soltanto Ashraf Ghani nel suo programma elettorale ha messo in luce, nel marasma di un paese senza catasto né archivi dove il titolo di proprietà è, quando va bene, un pezzo di carta scritto a mano o un diritto più spesso guadagnato a colpi di kalashnikov durante gli anni, ormai trenta, della guerra infinita.



Ma troppo non si può chiedere a Unodc visto che la responsabilità sui programmi di sviluppo, sul problema del diritto e della giustizia, dell'impunità o delle regole non le compete. Con coscienza la presentazione del rapporto conclude che “controllare le droghe in Afghanistan non può risolvere tutti i problemi del paese ma i problemi del paese non potranno essere risolti senza il controllo delle droghe”. Un buon inizio.

Nessun commento: