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lunedì 14 settembre 2009

TRATTINO BASSO

Con un certo orgoglio ho visto oggi i miei allievi della Scuola di giornalismo della Fondazione Lelio Basso andare a fare l'esame di fine corso. La scuola della Basso ha una particolarità: è gratuita (almeno sino ad ora) e pretende solo un esame di ammissione che attesti, oltre alla cultura generale, anche la passione per questo (bel) mestiere. Non è che usciti dalla Basso siate giornalisti fatti e finiti, che questo è un lavoro che matura come il vino in botte, ma non sarete da meno dei molti altri che pagano fior di soldi in questo mercato che si è creato attorno alla professione. Una volta non si andava a scuola: facevi il “praticante” in un giornale e poi studiavi per l'esame (assai più duro rispetto a quello della Basso) con il terrore che, nella Commissione, ci fosse un magistrato puntiglioso e ti beccasse scoperto sulle “cause esimenti” in caso di omicidio (come per altro capitò proprio a me....).


Adesso si è sviluppato un mercato che richiede diplomi, stage gratuiti, soldi e sacrifici (delle famiglie) con sbocchi professionali assai incerti. Non che prima fosse per forza meglio: per fare il giornalista occorreva passione e curiosità ma anche un buon aggancio, una spintarella che di solito proveniva da papà o mammà giornalisti. Vedi come tanti cognomi si ripetono nella storia del nostro mestiere (e se vogliamo essere onesti, mio padre e mio nonno erano giornalisti). Comunque, se avei passione, ce la potevi fare anche senza spinte. Ma adesso? A volte nemmeno quelle bastano.

Il futuro è incerto e dense nubi avvolgono la professione totalmente come ben sa chi ha deciso – io son tra quelli – di andare a manifestare sabato 19 (settembre) per la libertà di stampa in Italia, un bene che si va rarefacendo tra pressioni, lobby, licenziamenti, ricatti, minacciose leggi dell'editoria

Ai miei ragazzi, non potendo augurare altro, posso solo dedicare un pensiero: conservate la passione e la curiosità di un mestiere che – per ripetere un trito stereotipo – è sempre meglio che lavorare. Aggiungo io: e chi vi pagherebbe in qualsiasi altro posto per leggere il giornale? Infine non dimenticate la massima che si deve, credo, a Flaiano (tanto per cambiare): primo trasmettere, secondo vedere, terzo scrivere. La bella scrittura, nel giornalismo, vien dopo l'aver visto coi propri occhi, attività al giorno d'oggi sempre più rara. Ma se non potete trasmettere (oggi è più facile ma può mancare la corrente), che ve ne fate dei vostri occhi e del vostro bel pezzo da manuale?

Un abbraccio ragazzi (anzi colleghi) miei. Io amo questo lavoro e penso anche che, oltre che praticarlo, va anche difeso. Da coloro che, ricorrendo o meno alla sospensione della corrente elettrica, vorrebbero che i giornali non uscissero, i blog tacessero, le telecamere fossero girate altrove. E' la stampa bellezza, e pur con tutti i suoi difetti, resta sempre sovrastata dai pregi

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Grazie prof. Speriamo di conludere qualcosa, e soprattutto di realizzare il nostro sogno. Il mondo dell'informazione è affascinante si, ma popolato da vetuste e sanguinarie creature. Spero ci si possa rincontrare. Ciao ciao.

Kush ha detto...

L'anonimo sono io che ho sbagliato a pubblicare senza mettere il nome: il blog L'agronomista. Ciao.