C'è sconcerto nel pianeta umanitario che, più o meno direttamente ha a che fare con l'Afghanistan e che più o meno ha avuto o ha a che fare con Emergency. Sia ben chiaro: nel variegato pianeta dell'umanitarismo, si tratti di Ong, associazioni, reti, la posizione individuale su Emergency non è sempre delle più tenere. Ma in un caso come questo a nessuno viene in mente neppure per un momento di prestare il fianco ai suoi detrattori, accorsi numerosi a fare l'occhiolino compiaciuto alle tesi della polizia segreta afgana.
Lo sconcerto è derivato soprattutto dalle posizioni del governo italiano che, alla notizia del sequestro, ha preso subito le distanze come a chiarire che, a buon conto, Emergency è Emergency e l'Italia non ha nulla a che fare con l'organizzazione di Strada. Presa di distanze che ha lasciato esterrefatto chi si sarebbe aspettato che, senza sposare le tesi ultrapacifiste della Ong, il governo facesse subito la voce grossa a protezione almeno dei tre cittadini italiani che hanno tra l'altro un passato di volontari specchiato e riconosciuto. “Sorprende – dice il neo presidente dell'Associazione delle Ong italiane Sergio Petrelli – la presa di distanze da un'organizzazione il cui ruolo di mediazione nella vicenda Mastrogiacomo è assai noto al governo italiano. Infine chi opera in contesti come quelli di una guerra, non è mai al riparo da strumentalizzazioni proprio per il ruolo super partes che ha nella difesa, sempre e comunque, delle vittime civili. Un fatto delicatissimo. Mi auguro – conclude – che il governo italiano si muova almeno sul piano delle garanzie come deve essere per ogni cittadino all'estero a maggior ragione se impegnato in attività umanitarie: esposto e il cui lavoro è riconosciuto da tutti come efficace e serio”.
Emergency, insomma, non si tocca e per le critiche c'è tempo. Quelle che le vengono mosse sono note: una sorta di eccesso di autonomia che a volte ha fatto apparire la Ong una sorta di torre d'avorio umanitaria poco in sintonia con altre realtà che si muovono nel paese. Ma da questo ad assecondare rapide confessioni o la possibilità che sotto i camici immacolati dei medici si nascondano intenti kamikaze ne passa. Tanto che le parole di alcuni ministri o esponenti governativi hanno lasciato di stucco più di un attore umanitario la cui preoccupazione adesso è evidente: e se fosse capitato a me? Se dovessi trovarmi io domani nei guai in Afghanistan, vittima di qualche oscura manovra o semplicemente coinvolto in una storia poco chiara?
“Ci saremmo aspettati ben altre parole dal ministro”, commenta Nino Sergi, rimasto stupefatto dalle dichiarazioni a caldo di Frattini. “Come si fa in un momento come questo a prendere le distanze da Emergency dicendo che non ha a che vedere con la Cooperazione italiana? A parte il fatto che è proprio il ministero che le ha dato sia il riconoscimento di conformità sia la possibilità di usufruire di benefici fiscali o di chieder aspettative come avviene per tutte le Ong riconosciute. Ma inoltre, fare subito un distinguo sul terrorismo è come schiacciare Emergency su quella sponda. Chi di noi, compresi i medici di Emergency, non è contro terroristi e kamikaze? Ci auguriamo che il ministero faccia la sua parte per la liberazione degli arrestati, gente che ha dato lustro all'Italia all'estero”.
Sconcerto, stupore, meraviglia. E solidarietà. Le dichiarazioni del mondo umanitario non si contano: Terre des Hommes, esprimendo “solidarietà e stima” chiede un intervento attivo della Farnesina “che ha la responsabilità di seguire tutti gli espatriati che si trovano in situazioni così delicate”. La rete della società civile italiana “Afgana” sollecita anche un intervento dell'Unione europea e chiede alla Nato di “chiarire definitivamente quale parte abbiano avuto i soldati Isaf nell'operazione e per quale motivo vi abbiano partecipato”, come dimostra un video diffuso su Internet.
Secondo Mohammad Hashim Mayar invece, vice direttore di Acbar, un consorzio di oltre cento organizzazioni non governative afghane e straniere, se le autorità confermeranno le accuse, la struttura di Lashkargah rischia la chiusura immediata. Anche per questo forse Emergency chiama a raccolta i suoi sostenitori per sabato 17 aprile a Roma con una manifestazione nazionale per chiedere la liberazione dei tre operatori umanitari arrestati in Afghanistan. L'appuntamento di Piazza Navona servirà forse per sgombrare l'orizzonte anche da questa ipotesi.
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