
Probabilmente gli Haqqani rappresentano l'intralcio maggiore nel negoziato sotto tracia che Washington sta conducendo con i talebani. Quanto sia reale e quali siano gli interlocutori è piuttosto nebuloso ma i contatti con la shura di Quetta (mullah Omar) sembrerebbero avviati e un posto a tavola sarebbe garantito anche a Gulbuddin Hekmatyar, signore della guerra ed ex mujaheddin alleato tattico dei talebani. Gli Haqqani invece sarebbero fuori. Sia perché qaedisti, sia perché più eterodiretti di altri dal Pakistan che vorrebbe mettere i piedi nel piatto negoziale afgano per garantirsi un governo amico una volta che le truppe straniere se ne saranno andate.
Ma la durezza con cui gli americani, dopo anni di diplomatica tolleranza, mettono adesso sotto accusa i pachistani ha fatto reagire non solo i partiti islamisti ma anche gli alti gradi militari, obbligando il governo civile, in qualche modo, a far fronte contro quella che a tutti appare un'indebita ingerenza. La tensione tra i due Pesi non si placa; e viene solo attenuata dagli assegni a nove zeri americani. Ma il fragile Pakistan avrebbe bisogno di ben altro. Di una diplomazia più attenta a non farlo sentire un paria e capace di presentare l'Occidente - agli occhi dei pachistani, ancor prima che a quelli dei vertici - come un alleato vero e non un burattinaio che utilizza il Paese di puri quando gli fa comodo e lo mette in castigo quando gli sembra troppo ribelle.
Nessun commento:
Posta un commento