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mercoledì 12 febbraio 2014

I misteri dell'aeroporto di Herat

L'italica trasparenza in fatto di affari all'estero è proverbiale. Tanto che è dalla stampa afgana che si apprende che lunedi “L'Afghanistan e l'Italia hanno firmato un accordo per 200 milioni di dollari di aiuto italiano, gran parte del quale verrà utilizzato per trasformare aeroporto di Herat nel più grande aeroporto cargo in Afghanistan. Il denaro – scrive oggi ToloNews - finanzierà inoltre la costruzione delle autostrade Herat Ring Road e Chesht-Herat. I progetti sono programmati per essere completati entro il 2017 e dovrebbero  finanziare la costruzione di una nuova pista e i terminal, nuove attrezzature per gli aerei e passeggeri, e la costruzione della grande aerostazione per i velivoli”.

Di questo progetto si sa poco o nulla e sul sito del ministero retto da Flavio Zanonato se ne dice ancor meno. Ci fu un certo attivismo, in realtà anche quello abbastanza mascherato, al tempo di Paolo Romani quando Passera, predecessore di Zanonato al Mise, gli affidò il dossier Afghanistan, notizia che suscitò non poche perplessità ma poi la cosa morì  li.


Ora, le nostre attività economiche in Afghanistan sono abbastanza misteriose: marmo, agricoltura, strade e aeroporto. Eppure è abbastanza per esserne fieri e strombazzarlea i quattro venti. Perché tanta opacità? Nemmeno uno straccio di comunicato ben in vista sul sito del Mise così che il cittadino sappia chi e come spende quei 136 milioni di euro. Forse è solo sciatteria, forse la proverbiale tradizione a tener lontani sguardi indiscreti. Chissà.


Per quel poco che sappiamo, con l’accordo di partenariato strategico tra i due Paesi, firmato da Karzai e Monti nel gennaio 2012, l'Italia si sarebbe impegnata per circa 150 milioni di euro (circa 200 milioni di dollari al cambio attuale) in crediti d'aiuto (procedura di prestito molto agevolato che per circa 2/3 del progetto prevede interessi zero e rimborso in 40 anni di cui 29 di grazia). L'investimento è finalizzato alla realizzazione di opere infrastrutturali nella provincia di Herat e cioè: la ricostruzione della tratta Herat – Chest-e-Sharif, con un costo stimato a 95 miioni di euro, e il rinnovamento appunto dell'aeroporto di Herat (55 milioni) per farlo diventare il secondo hub del Paese con un progetto elaborato dal Mise nel 2011 di cui però non siamo in grado di dirvi di più..



Sappiano però anche che lo cose vanno a rilento (come per altro per la strada Bamyan-Kabul) cosa che, secondo alcune fonti, creò l'irritazione del governatore di Herat che in seguito è stato sostituito. Ci sono poi in ballo - ma sono solo indiscrezioni  -  altri appalti (cui sarebbero interessati Eni e Enel) nonché la fumosa destinazione, sempre a Herat, delle nostre truppe nel dopo 2014, dato che è previsto che l'esercito italiano prosegua il training degli omologhi afgani. Ma qui le cose sono ancora più oscure visto che la Nato non ha ancora deciso cosa fare e Roma va al traino di Bruxelles che a sua volta va al traino di Washington (vedi vicenda Bsa e il tira e molla sulla firma dell'accordo per altro già certo che non sarà firmato che dopo le elezioni del 5 aprile).

In assenza di una stampa nazionale che chieda lumi, occupata com'è a decantare le nostre vittorie militari (tanto che alla fine il merito se lo prende sempre la Difesa), e in attesa che i lumi li dia il Mise, il Mae o il governo, ci dobbiamo accontentare della stampa afgana. Una bella lezione di giornalismo e trasparenza per un Paese che avrebbe dovuto insegnare agli afgani il concetto di giustizia, democrazia e governance.

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