In rosso le Federally Administered Tribal Areas: le sette agenzie Bajaur, Mohmand, Khyber, Orakzai, Kurram, Nord Waziristan e Sud Waziristan |
L'operazione che prima dell'alba di giovedi 30 febbraio ha colpito i
santuari talebani in Pakistan con un bilancio ufficiale (del governo)
di 35 guerriglieri uccisi tra cui due importanti comandanti del
Tehereek-e-Taleban Pakistan (Ttp), ha dato di fatto luce
verde alla guerra con
il Tttp e suonato la campana a morte del processo negoziale. Non si è trattato di un mordi e fuggi e le
cose vanno avanti. Stamattina i caccia dell'esercito pachistano avrebbero ucciso 35 sospetti islamisti nella
valle di Tirah, nell'agenzia di Khyber (Fata), una delle sette semiautonome realtà amministrative tribali al confine con l'Afghanistan. Ma anche ieri non è stato
un giorno qualunque. In scena sono entrati elicotteri con mitraglieri che hanno colpito e ucciso nove militanti nel distretto di Hangu,
nelle zone di Tora Wari e Dar Samand del villaggio di Thal. Hangu non
è nelle aree tribali ma quasi al confine con tre delle sette agenzie: Orakazai, Kurram e Wziristan settentrionale. Il bilancio ufficiale dice che gli islamisti uccisi sono finora 79 ma secondo alcune fonti il bilancio è più alto. Decine i feriti.
Il Ttp per la verità sembra in difficoltà. Pur con i vari distinguo del caso continua infatti a invocare la ripresa del negoziato. O meglio, questa è la richiesta di maulana Sami ul-Haq il capo negoziatore del team protalebano. Ma per ora dal governo non c'è nessun segnale e l'opzione militare sembra al momento la più fortunata.
Alcune cose però su questa vicenda vanno annotate.
Raheel Sharif fa segno di voler tenere il punto. Il nuovo capo delle forze armate pachistane sembra essere l'uomo della svolta anche se non è chiaro sino a qual punto lui e Nawaz Sharif (nessuna parentela col premier) viaggino di conserva. E' certo che sino a l'altro ieri, tutti i governi del Pakistan, a cominciare delle precedenti amministrazioni targate Nawaz, hanno usato e coltivato l'estremismo radicale. Ma l'esercito non è stato da meno e i servizi segreti neppure. Certo, a differenza di governo e servizi, l'esercito è quello che ha sempre pagato (con ranger e polizia) il prezzo di sangue più alto di questa libertà d'azione dei gruppi armati che usufruivano di buone protezioni. Può darsi che ora le cose siano cambiate. Sarà corretto ricordare che Musharraf, un generale, pur avendo lui pure strizzato l'occhio ai vari gruppi oltranzisti a fini potici aveva cominciato a inasprire toni e a imporre un giro di vite (fino a un certo punto come fino a un certo punto ha fatto il passato governo civile di Gilani). Comunque mai nessuno aveva bombardato in modo così continuato le aree tribali, cioè un pezzo di Paese. I due Sharif lo stanno facendo (precedenti a gennaio c'erano comunque già stati come spiega bene questo articolo di Reliefweb).
Le speculazioni sul fatto che l'offensiva fosse in realtà preparata da mesi e che si stava solo cercando un pretesto per metterla in atto trovano qualche conforto. Effettivamente gli operativi sembrano seguire una precisa strategia: attacchi mirati - uno al giorno - e finora in due delle sette agenzie (Nord Waziristan, Khyber) con un evidente disegno. Non è improvvisazione: probabilmente si sta preparando una vasta operazione di terra dopo che l'aviazione avrà colpito e fiaccato il morale dei combattenti. Ma non sarà facile: le Fata non sono la valle di Swat dove, seppur con difficoltà, l'esercito ha avuto ragione dei talebani che l'avevano conquistata alcuni anni fa.
C'è anche un altro elemento che porta a concludere che l'operazione non solo è s stata preparata sul piano interno ma gode dell'appoggio internazionale. Gli Stati Uniti hanno smesso, almeno sinora, di usare i droni e di colpire in territorio pachistano. Ciò dà più forza all'operazione interna perché nessun attore straniero sta violando la sovranità nazionale (semmai si sta violando la semiautonomia delle Fata). Gli americani sanno, sapevano che si stava preparando l'offensiva? Probabilmente si.
Utilizzare l'aviazione comporta sempre dei rischi. Uno su tutti: uccidere civili innocenti. Gli aerei pilotati dall'uomo sono forse più precisi dei droni ma fino a un certo punto. A centinaia di metri sopra la terra, un uomo si confonde con un bambino e un bastone con un fucile; un rifugio con una semplice abitazione civile; una scuola di villaggio con un possibile nascondiglio di armi. Per ora abbiamo solo informazioni di parte governativa (l'operazione sembra godere del sostegno popolare) e nessuna conferma indipendente. E per ora la stampa nazionale si limita a riprendere i dispacci militari. La stampa internazionale (non solo l'italiana) ignora.
Il silenzio permette tante cose. Di condurre a buon fine un'operazione militare di caccia ai terroristi ma anche di sparare nel mucchio. Una cosa che abbiamo già visto molto spesso.
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