La settimana scorsa nel parlamento birmano c’è stata una dura battaglia per l’approvazione di una serie di emendamenti alla Costituzione voluti dalla Lega nazionale per la democrazia (Nld), il partito di Auyng San Suu Kyi che ha vinto le ultime elezioni. Ma prima o poi, forse anche questa settimana, si potrebbe decidere di votarli e l’esito, nonostante la Lega abbia la maggioranza dei seggi (255 su 440), non è affatto scontato.
Il principale ostacolo alla riforma costituzionale è un diritto di fatto di veto esercitato dai militari ai quali la Costituzione riserva il 25 percento dei seggi del Parlamento. Ai sensi dell’articolo 436 della Costituzione (riformata anni fa dai militari), le modifiche proposte allo statuto richiedono l’approvazione di oltre il 75 percento dei legislatori, il che significa che nessun cambiamento è possibile senza l’approvazione dei militari che contano su 110 seggi di diritto e dunque sul 25% degli scranni.
La Lega ha il 58 percento dei seggi in Parlamento, i partiti delle minoranze – che sarebbero favorevoli – etniche l’11 percento. Ma oltre al 25% costituzionale i militari possono contare sui 30 voti del Partito dell’unità, solidarietà e sviluppo (Usdp, una loro emanazione) che aggiunge un altro 5%. La Lega vorrebbe modificare il requisito per l’approvazione di un emendamento della Carta con i due terzi dei rappresentanti eletti, esclusi quindi quelli nominati militari.Inoltre vorrebbe ridurre gradualmente la quota di seggi militari: dal 25 al 15 percento dopo le prossime elezioni in agenda quest’anno. Al 10 percento dopo il 2025 e al 5 percento dopo il 2030. Ma non è l’unico punto...
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