Il sacro Corano: interpretazioni diverse e realpolitik |
C'è intanto da segnalare la notizia che oggi campeggia un po' su tutti i siti afgani e pachistani e riguarda la morte in Afghanistan di Shahidullah Shahid, ex portavoce dei talebani pachistani (Ttp), espulso nel 2014 proprio per le sue simpatie dichiarate verso il Califfato: era ritenuto uno dei personaggi più importanti affiliatisi a Daesh. Dire che Shahidullah sia il capo del progetto califfale in Afghanistan è un po' forzato (in realtà a capo della formazione ci sarebbe stato - dice l'intelligence afgana - Hafiz Saeed, anche lui ucciso da poco), ma la sua morte è un duro colpo per il progetto del Grande Khorasan, regione che il Califfato vorrebbe dotto il suo dominio e che comprenderebbe Afghanistan e Pakistan. Il fatto che siaa stato ucciso in Afghanistan la dice anche lunga sulle migrazioni del jihadismo locale (era originario del Waziristan).
Daesh è un problema in Pakistan e lo sta diventando anche in Afghanistan. Ma è un problema non solo per i governi quanto per la guerriglia. In Pakistan ha contribuito a spaccare il fronte jihadista divisosi in diverse formazioni tra cui la Tehreek-i-Taliban Pakistan Jamaatul Ahrar (Ttpja) o Ahrarul Hind anche se questo non vuol dire che questi gruppi aderiscano all'Is. In Afghanistan ha fatto apertamente schierare la leadership del movimento talebano contro gli affiliati a Daesh, ritenuti degli stranieri con un'agenda che non c'entra nulla con quella nazionalista tipica della guerriglia afgana (infine vi sono le diatribe ideologico religiose e la diffidenza verso wahabiti e salafiti). Daesh è un problema anche per Al Qaeda cui sottrae uomini e risorse. Nondimeno, sostengono gli analisti pachistani, Daesh guarda con favore solo a gruppi omogenei e consolidati e non ama le galassie tipiche della guerriglia afgana e pachistana molto legata ai clan tribali (Ttp è sempre stato controllato dai Meshud del Waziristan: quando al comando è salito un uomo dello Swat - mullah Fazlullah - sono iniziati i problemi).
Al momento siamo in una fase di transizione. Anche questo spinge a un accordo sia tra governi (Kabul e Islamabad) sia nella direzione del processo negoziale. Un modo, anche, per fermare le mire di Al Bagdadi.
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