Iran
Il sindacato ha in Iran una storia antichissima: la prima centrale fu fondata infatti un secolo fa ed ebbe poi un ruolo chiave nella lotta allo Scià. Ma da che esiste la Repubblica islamica, il governo ha fatto del sindacato una sorta di istituzione governativa con limiti fortissimi alla rappresentanza e dove la contrattazione viene regolata non attraverso le lotte ma con un negoziato dove alla fine vince sempre il governo. Dirigenti politici e sindacali vengono arrestati – come nel caso di Ismail Abdi, segretario generale degli insegnanti, imprigionato per aver organizzato “riunioni illegali” - anche se Teheran è un vecchio membro dell'Ilo (l'ufficio Onu del lavoro) di cui ha firmato quasi tutte le convenzioni rifiutandosi di siglare quelle relative alla libertà di associazione (C87) e di organizzazione (C98). Il Paese, che ha ricominciato a crescere nel 2014, sta conoscendo – dopo la fine delle sanzioni – una stagione di apertura che potrebbe farlo uscire da una crisi che si protrae da anni anche in ragione delle altissime spese militari. Non formalmente in guerra, l'Iran sostiene infatti i fronti sciiti nel mondo (dal Libano alla Siria) che rifornisce di armamenti e consiglieri militari.
Afghanistan
L'Afghanistan, con un mercato del lavoro su cui ogni anno si affacciano 400mila nuovi soggetti, è un Paese in forte crisi (il Pnl che nel 2011 cresceva al 6,1% nel 2014 è calato all'1,3). La sua economia, sostenuta per oltre due terzi dai finanziamenti stranieri, ha subito un contraccolpo non indifferente dopo l'uscita di scena di oltre 100mila soldati della Nato e relativi contractor. La fuoriuscita degli eserciti stranieri, ben più che un problema militare, sembra essere alla base della crisi economica attuale nella quale le commesse sono drasticamente diminuite, il boom edilizio si è fermato, il flusso di valuta pregiata si è ridotto e la moneta ha cominciato per la prima volta a perdere terreno su quelle dei Paesi vicini (l'unico fattore forse che può rilanciare un po' l'asfittico mercato interno). La crisi, gestita da un governo fragile e in costante calo di consensi, vede aumentare la piccola criminalità e diminuire le occasioni di lavoro formale in un Paese dominato da un settore informale privo di ogni diritto. Il sindacato, eredità dei tempi post sovietici, è debole e con scarsa voce in capitolo. E' un quadro che spiega l'enorme flusso di migranti afgani alle porte d'Europa (il secondo gruppo dopo la Siria) e il piano europeo che vorrebbe ritrasferirne a casa, via Turchia, almeno 80mila (quasi la metà degli attuali residenti). Tra Pakistan e Iran, altri 2,5 milioni restano fuori dal Paese in cerca di migliori occasioni di vita.
Pakistan
Nessun commento:
Posta un commento