
Pazienti e membri dello staff di Msf (14) furono dunque vittime di un errore perché l’equipaggio del bombardiere “non sapeva” che stava colpendo un nosocomio ma era invece convinto di stare sbaragliando un covo di talebani situato a 400 metri dall’ospedale. L’azione all’origine della strage non fu pertanto “intenzionale” anche se non è chiaro come mai l’equipaggio non abbia avuto accesso alla lista degli edifici in città che non andavano colpiti (il rapporto fa riferimento a problemi di comunicazione) tra cui era stato da tempo segnalato il centro medico di Msf a Kunduz. E’ molto chiaro invece come i militari abbiano deciso di non procedere penalmente ma solo amministrativamente dal momento che, ha spiegato Votel, l’accusa di crimine di guerra si può applicare solo in presenza di atti deliberati.
Sedici membri dello staff militare e un ufficiale con funzioni di comando sono dunque stati sottoposti a misure disciplinari e in particolare a punizioni che includono la sospensione o la rimozione da posizioni di comando, lettere di monito e attività obbligatorie di training o consultazioni medico-psicologiche. Per cinque fra questi c’è anche l’espulsione dal teatro. Un buffetto sulla guancia insomma e magari un freno alla carriera, non certo un’accusa che li possa spedire davanti a una corte marziale: una risposta che Msf giudica sproporzionata rispetto alla distruzione di una struttura medica protetta, alla morte di 42 persone, al ferimento di decine di altre e alla totale perdita di servizi medici vitali per la popolazione.
Ma non sono certo le pene, più o meno dure, a preoccupare Msf, cui la Difesa statunitense intende pagare, con i risarcimenti ai parenti delle vittime, 5,7 milioni di dollari per ricostruire l’ospedale ridotto a un cumulo di macerie: secondo l’organizzazione umanitaria, quanto affermato dal vertice militare americano “equivale all’ammissione di un’operazione non controllata in un’area urbana densamente popolata, durante la quale le forze statunitensi hanno disatteso le regole di base della guerra” ha detto Meinie Nicolai, presidente di Msf, secondo cui “non si comprende perché, nelle circostanze descritte dagli Stati Uniti, l’attacco non sia stato annullato”. “Il discrimine che può rendere questo incidente mortale una grave violazione del diritto internazionale umanitario non è la sua intenzionalità” aggiunge Nicolai, perché in guerra, si tratti di Afghanistan o di Siria, “i gruppi armati non possono eludere le proprie responsabilità sul campo semplicemente negando l’intenzionalità di un attacco contro strutture protette come un ospedale.” Il Pentagono non la pensa così.
Nessun commento:
Posta un commento