C’è una località di Tel Aviv che si chiama Colonia Tedesca e che è una meta turistica abbastanza nota: case in pietra con tetti spioventi e il richiamo a uno stile immediatamente identificabile. Non è l’unico luogo di Israele con un’architettura simile. La colonia dei Templari tedeschi era stata fondata in diverse città della Palestina nel 1869 da una gruppo di cristiani convinti che Cristo sarebbe tornato nelle terre d’origine e che il terreno andava preparato. In realtà i nuovi templari prepararono il terreno a qualcos’altro. Negli anni Trenta, con l’ascesa del nazionalsocialismo, le idee di Hitler cominciarono a diffondersi anche fuori dalla Germania e già nel 1931 era stata creata la Nsdap/Ao, un organismo del partito che coordinava gli iscritti al Nationalsozialistische Deutsche Arbeiterpartei (Nsdap) che risiedevano fuori dai confini patrii (Auslands Organisation). I templari di Palestina, fino a quel momento una pacifica comunità millenarista, strizzarono l’occhio alle promesse del Führer e alle sue teorie. La storia è poco conosciuta quanto efferata. Cominciarono ad appendere bandiere nazi alle loro finestre e a sventolarle dalle automobili e promulgarono una serie di editti che comprendevano il saluto nazista e una sorta di divieto a fare affari con gli ebrei. Ci fu chi si limitò al braccio teso e un’adesione ideologica, chi invece prese sul serio l’idea che gli ebrei dovessero sparire dalla faccia della terra. In un romanzo che ha il sapore del giallo, il giornalista e scrittore Eric Salerno, molti anni in Israele come corrispondente del Messaggero, ricostruisce questo pezzo di Storia minore utilizzando uno scenario ancora più lontano: l’Australia.
Intrigo, da poco uscito per Il Saggiatore, è ambientato a Melbourne dove un orologiaio di nome Felix, che aveva combattuto come partigiano i nazisti in Europa orientale e aveva poi scelto l’ospitalità offerta dall’Australia, vive un’esistenza monotona osservando le impercettibili movenze degli orologi che ripara nella sua piccola bottega. Sembra un uomo tranquillo e in pace con se stesso, ma in realtà Felix è ossessionato da un desiderio di vendetta. L’Australia poi, apparentemente ospitale con gli ebrei dopo la caduta del nazismo, si è rivelata un Paese dove a loro è toccato finire in un nuovo ghetto: non di mura e recinti ma costruito dall'isolamento psicologico verso un gruppo di persone da cui diffidar. Ritenute “pericolose” per via della provenienza di molti fra loro dalle truppe partigiane. La civile Australia, che guarda con sospetto i nuovi arrivati, è invece decisamente più aperta ad altri immigrati dall'Europa: tedeschi, magari con qualche neo sulla coscienza. Magari con un passato da sterminatori. Ma certamente anticomunisti.
Salerno a destra nell'immagine) , utilizzando la sua conoscenza di Israele, ma andando in realtà a ripescare anche qualche elemento tra le vicende di famiglia (di cui molto ha già scritto ell’autobiografico Rossi a Manhattan), racconta i particolari di una vicenda che non si esaurisce nell’Olocausto e nella vittoria sul nazismo ma che si addentra in quelle vicende infinite che, dopo la seconda Guerra mondiale, videro la caccia ai nazisti che si erano nascosti, grazie ad amicizie importanti e ai buoni uffici dei servizi segreti, in diverse parti del mondo, dal Sudamerica all’Australia. E’ un pezzo di storia ancora poco raccontato e che si presta perfettamente alla trama del giallo che svela solo nelle ultime battute del libro la seconda personalità di Felix. Un uomo tranquillo che lavorava ai suoi orologi mettendo assieme un meccanismo altrettanto raffinato e complesso per rimettere al loro posto le pedine sulla scacchiera della giustizia.
L'intrigo non è dunque solo nel disvelamento di una personalità occulta e in un progetto ossessivo che si nutre di ricerche d'archivio, ritagli di giornali, rare conversazioni con un gruppo di amici, ma l’intreccio in cui si muovono i protagonisti. Tra agenti del Mossad e dei servizi britannici e australiani, assassini sotto falso nome, cacciatori e cacciati, si snoda una storia che ci porta dall’immensa Australia alla piccolissima comunità templare immersa nel pasticcio mediorientale in un reticolo di connivenze, falsità, speculazioni politiche che restituisce, nella finzione, un pezzo di verità. La cifra stilistica è quella del buon giornalista che, senza troppi aggettivi e manierismi, vi trasferisce nel cuore della Storia con la S maiuscola fatta di tante storie minori come quella dell’orologiaio di Melbourne e dei suoi incubi: «Non bisogna criminalizzare un’intera comunità, ripeteva sempre Felix, ma così come molti in Italia scelsero il fascismo arrivando fino all’ultimo rigurgito di Salò, centinaia di templari in Palestina furono i primi tedeschi residenti fuori dalla Germania a mettersi in fila per prendere la tessera del partito di Hitler. E tra gli ultimi a buttarla via».
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