
E’ una punizione esemplare con processo esemplare a tempo di record che registra la soddisfazione del procuratore generale e dei ministri del governo Awami: arresti immediati e un dibattimento iniziato il 27 giugno con oltre 80 testimoni. Il 30 settembre, il tribunale fissava per ieri la sentenza con una maratona inusuale di soli 7 mesi dalla morte di Nusrat. Vicenda che registra una brutta storia di vendetta personale contro una giovane ragazza colpevole solo del suo coraggio e che finisce con una vendetta di Stato. Gli agenti della polizia locale, che avrebbero collaborato con i condannati a diffondere false informazioni su un ipotetico suicidio di Nusrat, non sono però stato processati. Per il procuratore generale si tratta comunque di una sentenza epocale, una “pietra miliare” della giustizia.
La vicenda aveva scioccato l’intero Paese, un Paese dove la violenza sulle donne è pane quotidiano ma che la storia di Nusrat ha fatto emergere con tutto un contorno di efferatezze, intimidazioni, ipocrisia religiosa e connivenze. Manifestazioni e proteste hanno seguito il caso fin dall’inizio e Nusrat Jahan Rafi, 19 anni, è diventata il simbolo di quelle migliaia di donne sottoposte a violenze, molestie e umiliazioni: l’80%, dice Action Aid, nel solo settore dell'abbigliamento, principale voce dell’export. Secondo il gruppo per i diritti delle donne Mahila Parishad, nei primi sei mesi del 2019, un totale di 26 donne sono state uccise dopo essere state aggredite sessualmente, 592 sono state presumibilmente violentate e 113 hanno denunciato di aver subito violenza di gruppo.
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