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mercoledì 11 giugno 2025

Il giornalismo della Scuola Lelio Basso ha compiuto 20 anni


La Scuola di giornalismo Lelio Basso ha compiuto vent'anni e ha celebrato la ricorrenza con due belle iniziative: un libro di "fuoriclasse", ossia una raccolta di lavori dedicata ai vent'anni e composta da diversi contributi di ex allievi. E una  festa.

La raccolta di inchieste e approfondimenti dal terreno  hanno a che vedere col tema delle diseguaglianze, un tema molto caro alla scuola. La prova mi pare sia andata molto bene e così un libro celebrativo (che ricorda i fondatori Linda Bimbi, Maurizio Torrealta, Massimo Loche), il ruolo della Fondazione - e la forza di due colonne come le sorelle Monica e Ruth -,  è diventato un bel saggio a molte mani e con un campo visuale aperto (migranti, quartieri, lavoro, giustizia etc.).

La seconda iniziativa è stata una festa per lanciare il libro e ricordare i vent'anni della Scuola di giornalismo. Ci lavoro da tanti anni: fu Linda Bimbi (con Monica e Ruth) a chiamarmi un pomeriggio che ero in treno, lo ricordo assai bene. Mi propose il corso di scrittura che, nel tempo, abbiamo affinato con Paolo Affatato, maestro del giornalismo di agenzia ma anche di quello di approfondimento. Il corso si basa su poche lezioni frontali e su quotidiani esercizi pratici. La teoria ci vuole è ovvio e anche il ragionamento sulla teoria. Ma poi bisogna scrivere, scrivere, scrivere. Il risultato si vede spesso già al secondo esercizio.

Come amo ripetere, qualsiasi articolo giornalistico, qualsiasi scrittura per la radio e la televisione e persino le poche righe per  la didascalia di una foto,  devono richiamarsi a quelle quattro regolette che differenziano la scrittura giornalistica dallo "svolgimento del tema" che ci hanno insegnato a scrivere alla scuola media. Se si impara a scrivere bene un pezzo di cronaca -  senza fronzoli, eccesso di aggettivi, scarsa propensione a usare virgole e punti in modo appropriato - si è pronti per tutto il resto. Dice Marina Forti, la nostra direttrice: "Magari sei Ernest Hemingway ma prima di esprimerti come lui devi imparare come si scrive". 
Tanti auguri Scuola Basso!


Alcuni membri della Scuola di giornalismo Lelio Basso: da sinistra Giuliano Battiston, Giulio Rubino, Cecilia Cardito (detta anche la terza colonna), Marina Forti, Massimo Loche, Ruth Libanio, Marco Silenzi, Annalisa Camilli, Monica Gomes, il sottoscritto 


martedì 10 giugno 2025

Viaggio all'Eden ...cinquant'anni dopo. Giovedi 12 giugno al Mudec


"Aia on the Road: viaggio all’Eden”
Giovedì 12 giugno, ore 18:30 al MUDEC (Milano)

                                                                                                                      Spazio delle Culture

A cura di: Centro di Cultura Italia – Asia “Guglielmo Scalise”

 

Qualche anno fa avevo messo mano ai miei ricordi di viaggio degli anni Settanta, i primi e forse quelli che mi hanno poi segnato anche nel mio lavoro. Ne riparlo volentieri (giovedi al Mudec), mentre sta per uscire "Asia criminale" (il giorno dopo in libreria!), perché ovviamente l'Asia di allora non è quella di oggi e nemmeno noi quelli di allora. Ma quel viaggio segnò quelli che in tanti consideriamo gli "Anni Luce" - per citare Gianni Galassi e Luca Formenton e un loro bellissimo libro-mostra - anziché, come si suol dire, gli "Anni di piombo". Gli esegeti di quel periodo presero a prestito il titolo di un film del 1981 di Margarethe von Trotta (Die bleierne Zeit) e plasmarono un racconto che evidenziava le tenebre anziché le luci. Ma gli anni Settanta del viaggio all'Eden erano luce pura che, come e forse più del 68, cambiarono la nostra vita.

 

Oggi non mettete l'argilla sulle pustole? Non mangiate il riso basmati? Non disdegnate la carne rossa? Non coniugate ayurveda, Steiner, Hahneman con l'allopatia? Non pensate a Gandhi? Non siete un filo ecologisti? Tutta roba che viene dagli Anni Luce che ci fecero scoprire come l'Asia non fosse solo l'Oriente misterioso di Salgari e Kipling... Partimmo orientalisti, tornammo asiatisti.

lunedì 9 giugno 2025

"Asia criminale": alcuni buoni motivi per leggerlo


P
erché – mi dice – dovrei comprare “Asia criminale”?

Costa solo 19 euro, gli rispondo, sotto la soglia psicologica del biglietto da 20

Si, risponde, è un buon prezzo per quasi 300 pagine. Ma di che parlate, di banditi?

Si, rispondo, banditi di varia natura e soprattutto di questo fenomeno che forse vedi già sul tuo cellulare: un’avvenente cinesina, o cinesino, elaborata/o con l’intelligenza artificiale che ti invita a investire in criptovalute. E’ il frutto di una modernità tecnologica criminale inventata proprio nel Sudest asiatico. Fabbriche della truffa o più semplicemente “Scam city”

Ci siete stati tu e Morello? Chiede 

Ti pare che per 19 euro andiamo a farci ammazzare?, gli rispondo. Epperò si che ci siamo stati ma da fuori. Le abbiamo viste, catalogate, fotografate, filmate, spiate le Scam City. Anche perché il “compound”, il cuore della Scam City, è un edifico blindato in cui si entra ma non si può più uscire. E’ circondato da guardie armate e protetto dal filo spinato. E se ti avvicini troppo quelli ti fanno secco…

Quindi – fa lui – richiede un viaggio perimetrale?

Richiede più viaggi -dico io – che con Massimo abbiamo fatto in tutto il Sudest asiatico più volte e in diversi anni. Anche perché – aggiungo – non ci sono solo le truffe. Purtroppo nel Sudest, grazie alla mania tutta umana di fare la guerra, ci sono ben altre tenebre

Guerra….?

Si c’è una guerra in Birmania che ha già fatto forse 70mila morti anche se nessuno te ne ha mai parlato. Una guerra che fa da sponda alle Scam City, fa circolare amfetamine e oppiacei, produce idee su come riciclare il denaro… C’è anche altro

Un’altra guerra?

Si una nuova guerra possibile. Intanto, come sai – faccio io – c’è in corso una battaglia commerciale tra Cina e Stati Uniti ma se ne sta preparando un’altra da fare con navi, missili, droni perché non si sa mai che nel Mar cinese meridionale – come lo chiamano – non succeda qualcosa…

A Taiwan?

Non solo a Taiwan. Anche tra gli atolli, anche attorno agli Stretti… è una tenebra nemmeno troppo nascosta che si alimenta di grandi infrastrutture portuali pensate non solo per fare commercio ma anche per parcheggiare portaerei.

Insomma, dice lui, quest’Asia criminale più che un saggio mi pare un giallo…

In parte lo è. E’ un’inchiesta su quel che c’è ma non si vede o non si riesce a vedere o non si vuole vedere. Ma è anche un reportage che oltre alle ombre mostra anche le luci e qualche spunto per pensare che questa fetta di mondo – l’Asia sudorientale – è un pezzo importante del pianeta. Sotto la Cina e a destra dell’India. A sinistra degli Stati Uniti. Non poi così lontana nemmeno per noi

Tenebre okkei ma dimmi almeno una luce...

Molte luci culinarie. La ricetta del Pad Kra Pao per esempio, piatto nazionale thai

Credevo – dice lui – che fosse il Pad Thai il piatto nazionale thai

E no, faccio io, quello lo mangiano i turisti. Tra l’altro il Pad Kra Pao si coniuga a un ragionamento sul basilico thai che non è il basilico santo indiano e nemmeno il basilico ligure con cui si fa il pesto

E tutto questo per 19 euro?

Vedi che alla fine – concludo io - il prezzo è convincente. Puoi scegliere il libro se vuoi. Oppure, visto il cambio favorevole, quattro porzioni di Pad Kra Pao

martedì 3 giugno 2025

Gaza: la parola complicità

C
'è un altro conflitto su Gaza che riguarda le parole. Io ho smesso di usare il termine genocidio per non sentirmi fare una lezione di diritto internazionale con tutte le sfumature del caso che implicano il fatto che poi non si decide nulla. Mi attesto su crimini di guerra, crimini contro l'umanità, crimini potenzialmente genocidari. Molti non saranno soddisfatti nemmeno di queste accuse ma purtroppo osservo una tale cecità da parte di alcuni, come se a Gaza andasse in scena soltanto qualche grave episodio violento, che mi vien voglia di mandarli al diavolo. Non lo faccio solo perché poi ognuno deve e dovrà fare i conti con se stesso. Mi ha colpito quel recente filmatino, non ricordo fatto da chi, in cui - passato un decennio - una nipotina chiede al nonno: "Ma tu cosa hai fatto per fermare questa barbarie"? Domanda semplice e netta. Il nonno (o la nonna) abbozza. Fa una smorfia e forse, come aveva fatto allora, si gira dall'altra parte.

Girarmi dall'altra parte mi riesce davvero difficile ma mi sento impotente. Peggio, mi sento complice e diventa difficile sfuggire a questo status in un Paese che non fa nulla e che trova un momento di dignità istituzionale su questa vicenda solo quando parla il capo dello Stato. L'opposizione fa, certo, ma non poi così compatta (vedi i vari distinguo, i vari si ma però il 7 ottobre e così via) e tanto fa anche  la società civile, con manifestazioni e coraggiose iniziative come la flottiglia che parte in queste ore o la marcia che si organizza in Egitto. Ma è ancora troppo poco. 

Mi resta questo senso mal sopportato di complicità. So cosa dirò a mio nipote: "Volevamo opporci e fermare la strage ma non ce l'abbiamo fatta". Non so cosa diranno gli altri, quelli dei distinguo, quelli di si però Hamas. Hamas ha le sue responsabilità (che senso ha protrarre una guerra persa e che ogni giorno uccide una media di 50 palestinesi?) e Israele ha le sue (crimini reiterati e una evidente pulizia etnica in corso e non per la prima volta). Ma le responsabilità le abbiamo anche noi, le ho anch’io. E so che questa responsabilità diventa anche, seppur obtorto collo, la mia complicità. Spiegherò a mio nipote che io complice non lo ero, che ho firmato petizioni e partecipato a marce. Ma sui libri di Storia il mio Paese apparirà complice del massacro. E anch’io, purtroppo, con lui.

mercoledì 26 febbraio 2025

La madre delle Scam City


Quando esattamente siano nate le Scam City, le città della truffa, non è chiaro. Probabilmente, in una qualche forma prima del 2020 cioè prima del Covid, erano solo edifici isolati nelle Sin City, le città del vizio (quelle con casinò, bordelli etc) dove si testavano le prime truffe online, core business delle "Città della truffa". Poi i compound sono proliferati col lockdown diventando in alcuni casi - in Myanmar ma non solo - veri e propri centri urbani dedicati alla truffa. Ma le vere e proprie Scam City non sono solo prigioni a cielo aperto. Sono anche città con l'ortolano, il medico, il venditore di motorini. E ovviamente casinò e brotel. Dove tutto sia iniziato dunque non si sa ma certamente Laukkai in Birmania è stata fra le prime. Forse la madre di tutte le Scam City, o forse la sorella maggiore. 

Sono andato a cercare di sbrogliare la matassa anche dalla Cina perché le Scam City sono roba della mafia cinese. Una mafia agguerrita che sa corrompere e fare affari. Approfittando della guerra, anche se i conflitti cambiano gli equilibri con effetti imprevedibili. Qui in alto vedete la foto di alcuni dei birmani frontalieri in coda alla frontiera di Ruili, in Cina. Cerco di spiegare nel reportage che potete leggere qui  che nesso c'è. 

Tutte queste storie, le connessioni, le ipotesi lungo diversi confini sono gli ingredienti - con molte altre tenebre - della ricerca di cui ci occupiamo dal 2023 con Massimo Morello e che finirà in un libro a 4 mani che è alle battute finali. Ma questa è un'altra storia...

La foto è di Davide Del Boca. Eravamo insieme a Ruili il mese scorso. Il reportage è uscito anche su ilmanifesto e atlanteguerre

sabato 22 febbraio 2025

I tagli di Usaid e gli effetti sul conflitto birmano


Sia a Yangon, sia a Bangkok le preoccupazioni corrono dopo  i tagli e i congelamenti di Usaid che hanno ucciso gran parte del sostegno umanitario attorno alla guerra birmana. In Thailandia colpendo chi lavora negli ospedali o nei campi profughi alla frontiera con il Myanmar. E nel Paese delle mille pagode a chi, in questi anni di guerra (il quinto è appena iniziato), ha cercato di portare un po’ di sollievo nelle campagne, negli slum, alle colonne di circa tre milioni e mezzo di profughi prodotti dal conflitto.

«Il problema non riguarda solo i fondi in sé – spiega un funzionario delle Nazioni Unite – ma l’intera filiera della distribuzione che in massima parte è oggi affidata a grandi e piccole Ong con un sistema di appalti e subappalti funzionali. Usaid le ha messe fuori gioco nel giro di una settimana, ma così ha messo fuori gioco anche i grandi: abbiamo i magazzini pieni di cibo e medicine, ma non riusciamo a farli arrivare alla gente. Una condanna a morte». Lo conferma anche un cooperante che preferisce, dato il clima che c’è in Myanmar, mantenere l’anonimato: «Qui più che altrove, l’Onu ha difficoltà a raggiungere le zone di conflitto perché il governo lo impedisce e dunque la nostra funzione era essenziale. Riusciamo a eludere i divieti, le Nazioni Unite non possono farlo».

Le dimensioni quantitative lasciano intendere la dimensione. L’America è uno dei maggiori donatori mondiali anche qui. In uno degli ultimi comunicati che si possono leggere sul sito dell’ambasciata Usa in Birmania, datato 25 ottobre 2024, si legge che «…questi fondi portano l’assistenza umanitaria totale degli Stati Uniti per le persone vulnerabili in Myanmar a quasi 141 milioni di dollari dall’inizio dell’ultimo anno fiscale per sostenere le comunità colpite dal conflitto, dagli sfollamenti e dalla crescente insicurezza alimentare». Inoltre, nel 2024, gli Stati Uniti hanno autorizzato stanziamenti annuali per il periodo 2023-2027, con 121 milioni di dollari destinati all’anno fiscale 2024, per sostenere gruppi pro-democrazia e fornire assistenza umanitaria in Myanmar. Dal 2001, e in progressione, gli Usa hanno garantito quasi 240 milioni di dollari ai birmani, secondi solo alle Filippine. «Circa il 47% di questi fondi – scrive la ricercatrice Su Mon Thazin Aung – è andato al settore umanitario». Tutto cancellato o almeno congelato. Con gli effetti immediati a cascata che abbiamo ricordato.

Una fonte vicina alla Resistenza che incontriamo  a Bangkok ci confida che gli aiuti erano spesso mirati a sostenere i gruppi della resistenza. Magari non direttamente (con armi o denaro, per quanto sappiamo) ma con un sostegno che di fatto si traduce in sopravvivenza e consenso nelle zone (ormai quattro quindi del Paese secondo la Bbc) controllati dal governo clandestino o dai gruppi "etnici" armati. I tagli non uccideranno solo per fame, saranno un duro colpo anche per chi si oppone ai golpisti.

In mezzo a un mare di cattive notizie, ce n’è almeno una buona. E viene dall’Italia che, dopo il golpe militare del 2001, aveva congelato 1.300.000 euro destinati ad attività di sostegno alimentare, igiene e benessere. Questi soldi si trovano in banche birmane e dunque l’operazione per poterli ridestinare e riprogrammare in nuove attività ha seguito un iter complesso, incontrando anche le resistenze di chi voleva tagliare i ponti con Naypyidaw completamente. Ma adesso sembra che il meccanismo si stia sbloccando. Una goccia nel mare, certo, come i 150 birmani iscritti quest’anno nelle nostre università anche grazie a borse di studio, ma mai come oggi tanto necessaria. «Non stiamo lavorando col governo – dice ancora il cooperante – ma con le popolazioni locali. Ecco perché sbloccare questi fondi è così importante».

domenica 22 dicembre 2024

E' Natale- Regalate libri!

Fantasmi, piante, viaggi, noir, Asia, nucleare. Un piccolo carniere letterario per i vostri doni sotto l’albero. Per riflettere ma anche per svagarsi. In gran parte scritto da amici dell’Atlante. Non recidete fiori: regalate libri!

Il gelso di Gerusalemme. Quando si comincia la lettura di questo libro di Paola Caridi lo sguardo volge naturalmente al giardino, se ne avete uno. Oppure al parco vicino a casa o lungo le vie della vostra città. Le piante, che normalmente ci appaiono come esseri stabili e inanimati se non durante la fioritura o quando cadono le foglie, assumono così un altro aspetto. Hanno occhi, orecchie e soprattutto memoria. E sono il simbolo e in parte il riflesso di quella umana. Così, prima di potare il gelso del mio giardino, ci ho pensato due volte dopo aver letto il primo capitolo, dedicato al sicomoro che, nelle pagina di Caridi, diventa l’albero piazza. L’ho guardato con rispetto e ho rinviato la potatura alla stagione in cui l’albero dormiente può sopportare il taglio (sempre ingiusto) del suo possessore. Al gelso è dedicato il terzo capitolo. E il secondo alle famose arance di Jaffa che mangiavamo da bambini senza saperne la storia di sottrazione che poco a poco le ha levate di mano ai palestinesi che per secoli le avevano coltivate e selezionate. Il libro di Paola è un testo che invita a non limitarsi a leggere la Storia attraverso le sole fonti scritte ma indagandone il paesaggio e le sue trasformazioni. Ambientali e culturali. E mai per caso. Le piante e i loro frutti ne sono testimoni a tal punto che sembrano aver suggerito a Caridi le tante storie che racconta, sussurrate da uno stormir di fronde che lei ha saputo ascoltare. Le piante, com’è noto, sono gli unici esseri viventi (la scienza moderna ha smesso di tenere divise le sfere essenziali animale e vegetale) che non possono muoversi. E sono dunque i testimoni controvoglia delle epoche che le colonizzano e ne fanno passar di mano una proprietà che spesso era condivisa e faceva delle piante, di “quell’albero”, un protagonista della vita reale e non solo un abbellimento estetico. Il mondo visto dalle piante ci racconta spesso un altro modo di leggere, anzi di guardare, la Storia.
Paola Caridi, Il gelso di Gerusalemme, Feltrinelli pp 138 euro 17

Fantasmi a Roma. Un giornalista del Messaggero, a lungo corrispondente di quel giornale a Gerusalemme, ripercorre i luoghi della capitale dove, soprattutto per Paese Sera, aveva imparato il mestiere in gioventù come cronista di nera. Ma poiché la passione per il Mondo, gli intrighi internazionali, gli orizzonti lontani affascinavano il giovane reporter, oggi ripercorre a distanza di anni alcuni momenti di quell’esperienza. Rievocando, tra memoria e luoghi fisici della capitale, certi casi che fecero un po’ la storia della cronaca romana. Che iniziava girando per i commissariati e gli ospedali e finiva in qualche ristorante dopo la chiusura del giornale. I fantasmi di Roma emergono in un viaggio tra vie e quartieri che sono cambiati come sono cambiate le classi sociali e, tra queste, la nobiltà nera della capitale, vicina al Santo Padre quanto ai vizi nascosti dei “salotti buoni”. Eric Salerno, che già ci aveva regalato saggi e racconti lunghi ma anche un noir che si dipanava tra Israele e l’Australia, scava nell’archivio della sua memoria (e in quello dei “suoi” giornali) dipingendo la Roma del secolo scorso che si affacciava sulle pagine dei quotidiani capitolini – Paese, Il Messaggero – rivelando, per esempio, un formidabile reticolo sotterraneo dove si coltivavano funghi ma che faceva da deposito anche per generi meno mangerecci. Ma a parte le storie tipicamente romane, tra Campo de’ fiori o il Testaccio, si affacciano molto spesso i profili di un’altra categoria: gli spioni – si chiamavano 007 – che avevano scelto Roma come uno dei più importanti crocevia per guardare a un’Europa dove forse una volta avevamo un ruolo, se non più lusinghiero, certo più importante. Salerno racconta delitti, intrighi, furti, spie e truffatori con la leggerezza della distanza dai fatti. E il giovane cronista che emerge non è solo la scusa per una rievocazione – che per una volta va oltre via Veneto – ma anche per una riflessione su una professione che è cambiata. Proprio come la Roma che attraversa tutto il libro.
Eric Salerno, Fantasmi a Roma, Il Saggiatore, pp 248, euro 17

Bangkok. Città rizoma, seduzione cinta d’acciaio, megalopoli quantica. Le definizioni si sprecano quando si tenta di definire la capitale del Sudest asiatico. E sì, perché Bangkok ha superato Singapore e Giacarta, Kuala Lumpur o Saigon. E’ l’hub per eccellenza in questa parte di Mondo ed è una città piena di città in costante evoluzione. Massimo Morello, giornalista che a Bangkok passa metà dell’anno, a descrivere Bangkok non ci prova nemmeno. Preferisce indicare i luoghi o i sentimenti che questi raccontano, nel bene e nel male. Quella di Morello non è una guida turistica per sapere dove andare col naso all’insù e la telecamera allertata, semmai una “guida sentimentale” nel senso che sembra orientare più il sentimento che non la passione della scoperta geografica. Come se la magia che pervade la città potesse accompagnare il visitatore purché questi ci si lasci avvolgere mantenendone forse un po’ le distanze. Naturalmente però, nel libro c’è tutto: dai mall smaglianti, nuovi templi del benessere, agli slum un po’ nascosti, dai demoni agli angeli, dalle case degli spiriti ai grattacieli scelti dai suicidi, soft power e tailandesità. Nel suo percorso Morello si fa aiutare dai molti che hanno cercato di raccontare Bangkok (ricercatori, scrittori, viaggiatori) e da un mago, metà oriente metà occidente sembra di capire. Ma anche la magia non riesce ad aiutarlo a dipanare tutti i dettagli di una Bangkok che il giorno dopo non è più quella del giorno prima. Bisogna andarci, sembra dire Morello, per scoprire – se mai è possibile – tutti i rizomi della Città degli angeli. Raccontarli si può. Spiegarli forse no.
Massimo Morello, Bangkok, Orizzonti Geopolitici, pp. 146 euro 15

Asia Ribelle. Tim Harper è uno studioso con la passione delle storie personali. Dell’autore di Forgotten Wars viene ora tradotto in italiano da Add Asia Underground (Traduzione di Anita Taroni e Stefano Travagli) che racconta infatti la Storia attraverso le singole storie personali di alcuni rivoluzionari asiatici che hanno contribuito alla lotta coloniale nei primi anni del ‘900, quando fioriscono i primi gruppi nazionalisti che vogliono trovare la strada per liberarsi dal giogo coloniale. Decretato libro dell’anno dalla stampa anglosassone (Economist e FT), Asia Ribelle racconta quegli anni e le strade in cui, da Shangai a Singapore, dal Vietnam francese all’India britannica, si agita un fermento che si nutre dei contatti con l’Occidente e lo stesso Oriente dove si allungano le ombre della Rivoluzione d’Ottobre in Russia. Contatti che sono consentiti dai viaggi transatlantici in uno scambio di idee che diventa elaborazione politica. Un’elaborazione del tutto asiatica che fornirà le basi ai movimenti nazionalisti, comunisti e anticoloniali che creeranno le basi della caduta dei grandi imperi che tenevano sotto scacco milioni di uomini schiavizzati dalle leggi di un mercato che aveva nelle terre d’oltremare la sua grande macchina produttrice di materie prime.
Tim Harper, Asia ribelle, Add, pp 775, euro 45

Un caso per Maraschino. A un certo punto, in questo giallo ambientato in una Roma non scontata tra criminalità e redazioni dei giornali, si dice che «Ormai nessuno va oltre il titolo» quando legge un quotidiano. Ma non sarà così per questo noir dove Pietro Maraschino, un cronista di nera del quotidiano “La Civetta”, viene incaricato di seguire un caso di omicidio a Trastevere dove un imprenditore viene ritrovato stecchito su una panchina del quartiere della movida romana. Maraschino, un cronista all’antica, anarcoide e solitario vessato  da una relazione difficile con una donna sposata che lo tradisce col marito, scoprirà che il suo motto interiore dice una profonda verità. Perché Maraschino ha un unica certezza: il dubbio.
Paolo Zagari, Un caso per Maraschino, Fratelli Frilli, pp 208, euro 16.90

Lo Stato atomico. L’austriaco Robert Jungk, classe 1913, è stato uno dei grandi attivisti della lotta al nucleare. E da questo punto di vista, Lo Stato Atomico non appare per nulla datato benché sia un libro degli anni Settanta (Der Atom-Staat, traduzione di Nicola Paoli). L’autore de Hiroshima il giorno dopo (uscito in Italia nel 1960) e de Gli apprendisti stregoni (uscito in Italia nel 1964) mette insieme la capacità di inchiesta del giornalista, lo studio dell’analista e la forza dell’attivista (pacifista e ecologista) ma anche, scrive Daniela Padoan nella prefazione, la passione politica e la riflessione filosofica. Su un tema tornato improvvisamente di grande – e terribile – attualità.

Robert Jungk, Lo Stato atomico, Castelvecchi, pp 196, euro 20