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mercoledì 26 febbraio 2025

La madre delle Scam City


Quando esattamente siano nate le Scam City, le città della truffa, non è chiaro. Probabilmente, in una qualche forma prima del 2020 cioè prima del Covid, erano solo edifici isolati nelle Sin City, le città del vizio (quelle con casinò, bordelli etc) dove si testavano le prime truffe online, core business delle "Città della truffa". Poi i compound sono proliferati col lockdown diventando in alcuni casi - in Myanmar ma non solo - veri e propri centri urbani dedicati alla truffa. Ma le vere e proprie Scam City non sono solo prigioni a cielo aperto. Sono anche città con l'ortolano, il medico, il venditore di motorini. E ovviamente casinò e brotel. Dove tutto sia iniziato dunque non si sa ma certamente Laukkai in Birmania è stata fra le prime. Forse la madre di tutte le Scam City, o forse la sorella maggiore. 

Sono andato a cercare di sbrogliare la matassa anche dalla Cina perché le Scam City sono roba della mafia cinese. Una mafia agguerrita che sa corrompere e fare affari. Approfittando della guerra, anche se i conflitti cambiano gli equilibri con effetti imprevedibili. Qui in alto vedete la foto di alcuni dei birmani frontalieri in coda alla frontiera di Ruili, in Cina. Cerco di spiegare nel reportage che potete leggere qui  che nesso c'è. 

Tutte queste storie, le connessioni, le ipotesi lungo diversi confini sono gli ingredienti - con molte altre tenebre - della ricerca di cui ci occupiamo dal 2023 con Massimo Morello e che finirà in un libro a 4 mani che è alle battute finali. Ma questa è un'altra storia...

La foto è di Davide Del Boca. Eravamo insieme a Ruili il mese scorso. Il reportage è uscito anche su ilmanifesto e atlanteguerre

sabato 22 febbraio 2025

I tagli di Usaid e gli effetti sul conflitto birmano


Sia a Yangon, sia a Bangkok le preoccupazioni corrono dopo  i tagli e i congelamenti di Usaid che hanno ucciso gran parte del sostegno umanitario attorno alla guerra birmana. In Thailandia colpendo chi lavora negli ospedali o nei campi profughi alla frontiera con il Myanmar. E nel Paese delle mille pagode a chi, in questi anni di guerra (il quinto è appena iniziato), ha cercato di portare un po’ di sollievo nelle campagne, negli slum, alle colonne di circa tre milioni e mezzo di profughi prodotti dal conflitto.

«Il problema non riguarda solo i fondi in sé – spiega un funzionario delle Nazioni Unite – ma l’intera filiera della distribuzione che in massima parte è oggi affidata a grandi e piccole Ong con un sistema di appalti e subappalti funzionali. Usaid le ha messe fuori gioco nel giro di una settimana, ma così ha messo fuori gioco anche i grandi: abbiamo i magazzini pieni di cibo e medicine, ma non riusciamo a farli arrivare alla gente. Una condanna a morte». Lo conferma anche un cooperante che preferisce, dato il clima che c’è in Myanmar, mantenere l’anonimato: «Qui più che altrove, l’Onu ha difficoltà a raggiungere le zone di conflitto perché il governo lo impedisce e dunque la nostra funzione era essenziale. Riusciamo a eludere i divieti, le Nazioni Unite non possono farlo».

Le dimensioni quantitative lasciano intendere la dimensione. L’America è uno dei maggiori donatori mondiali anche qui. In uno degli ultimi comunicati che si possono leggere sul sito dell’ambasciata Usa in Birmania, datato 25 ottobre 2024, si legge che «…questi fondi portano l’assistenza umanitaria totale degli Stati Uniti per le persone vulnerabili in Myanmar a quasi 141 milioni di dollari dall’inizio dell’ultimo anno fiscale per sostenere le comunità colpite dal conflitto, dagli sfollamenti e dalla crescente insicurezza alimentare». Inoltre, nel 2024, gli Stati Uniti hanno autorizzato stanziamenti annuali per il periodo 2023-2027, con 121 milioni di dollari destinati all’anno fiscale 2024, per sostenere gruppi pro-democrazia e fornire assistenza umanitaria in Myanmar. Dal 2001, e in progressione, gli Usa hanno garantito quasi 240 milioni di dollari ai birmani, secondi solo alle Filippine. «Circa il 47% di questi fondi – scrive la ricercatrice Su Mon Thazin Aung – è andato al settore umanitario». Tutto cancellato o almeno congelato. Con gli effetti immediati a cascata che abbiamo ricordato.

Una fonte vicina alla Resistenza che incontriamo  a Bangkok ci confida che gli aiuti erano spesso mirati a sostenere i gruppi della resistenza. Magari non direttamente (con armi o denaro, per quanto sappiamo) ma con un sostegno che di fatto si traduce in sopravvivenza e consenso nelle zone (ormai quattro quindi del Paese secondo la Bbc) controllati dal governo clandestino o dai gruppi "etnici" armati. I tagli non uccideranno solo per fame, saranno un duro colpo anche per chi si oppone ai golpisti.

In mezzo a un mare di cattive notizie, ce n’è almeno una buona. E viene dall’Italia che, dopo il golpe militare del 2001, aveva congelato 1.300.000 euro destinati ad attività di sostegno alimentare, igiene e benessere. Questi soldi si trovano in banche birmane e dunque l’operazione per poterli ridestinare e riprogrammare in nuove attività ha seguito un iter complesso, incontrando anche le resistenze di chi voleva tagliare i ponti con Naypyidaw completamente. Ma adesso sembra che il meccanismo si stia sbloccando. Una goccia nel mare, certo, come i 150 birmani iscritti quest’anno nelle nostre università anche grazie a borse di studio, ma mai come oggi tanto necessaria. «Non stiamo lavorando col governo – dice ancora il cooperante – ma con le popolazioni locali. Ecco perché sbloccare questi fondi è così importante».

domenica 22 dicembre 2024

E' Natale- Regalate libri!

Fantasmi, piante, viaggi, noir, Asia, nucleare. Un piccolo carniere letterario per i vostri doni sotto l’albero. Per riflettere ma anche per svagarsi. In gran parte scritto da amici dell’Atlante. Non recidete fiori: regalate libri!

Il gelso di Gerusalemme. Quando si comincia la lettura di questo libro di Paola Caridi lo sguardo volge naturalmente al giardino, se ne avete uno. Oppure al parco vicino a casa o lungo le vie della vostra città. Le piante, che normalmente ci appaiono come esseri stabili e inanimati se non durante la fioritura o quando cadono le foglie, assumono così un altro aspetto. Hanno occhi, orecchie e soprattutto memoria. E sono il simbolo e in parte il riflesso di quella umana. Così, prima di potare il gelso del mio giardino, ci ho pensato due volte dopo aver letto il primo capitolo, dedicato al sicomoro che, nelle pagina di Caridi, diventa l’albero piazza. L’ho guardato con rispetto e ho rinviato la potatura alla stagione in cui l’albero dormiente può sopportare il taglio (sempre ingiusto) del suo possessore. Al gelso è dedicato il terzo capitolo. E il secondo alle famose arance di Jaffa che mangiavamo da bambini senza saperne la storia di sottrazione che poco a poco le ha levate di mano ai palestinesi che per secoli le avevano coltivate e selezionate. Il libro di Paola è un testo che invita a non limitarsi a leggere la Storia attraverso le sole fonti scritte ma indagandone il paesaggio e le sue trasformazioni. Ambientali e culturali. E mai per caso. Le piante e i loro frutti ne sono testimoni a tal punto che sembrano aver suggerito a Caridi le tante storie che racconta, sussurrate da uno stormir di fronde che lei ha saputo ascoltare. Le piante, com’è noto, sono gli unici esseri viventi (la scienza moderna ha smesso di tenere divise le sfere essenziali animale e vegetale) che non possono muoversi. E sono dunque i testimoni controvoglia delle epoche che le colonizzano e ne fanno passar di mano una proprietà che spesso era condivisa e faceva delle piante, di “quell’albero”, un protagonista della vita reale e non solo un abbellimento estetico. Il mondo visto dalle piante ci racconta spesso un altro modo di leggere, anzi di guardare, la Storia.
Paola Caridi, Il gelso di Gerusalemme, Feltrinelli pp 138 euro 17

Fantasmi a Roma. Un giornalista del Messaggero, a lungo corrispondente di quel giornale a Gerusalemme, ripercorre i luoghi della capitale dove, soprattutto per Paese Sera, aveva imparato il mestiere in gioventù come cronista di nera. Ma poiché la passione per il Mondo, gli intrighi internazionali, gli orizzonti lontani affascinavano il giovane reporter, oggi ripercorre a distanza di anni alcuni momenti di quell’esperienza. Rievocando, tra memoria e luoghi fisici della capitale, certi casi che fecero un po’ la storia della cronaca romana. Che iniziava girando per i commissariati e gli ospedali e finiva in qualche ristorante dopo la chiusura del giornale. I fantasmi di Roma emergono in un viaggio tra vie e quartieri che sono cambiati come sono cambiate le classi sociali e, tra queste, la nobiltà nera della capitale, vicina al Santo Padre quanto ai vizi nascosti dei “salotti buoni”. Eric Salerno, che già ci aveva regalato saggi e racconti lunghi ma anche un noir che si dipanava tra Israele e l’Australia, scava nell’archivio della sua memoria (e in quello dei “suoi” giornali) dipingendo la Roma del secolo scorso che si affacciava sulle pagine dei quotidiani capitolini – Paese, Il Messaggero – rivelando, per esempio, un formidabile reticolo sotterraneo dove si coltivavano funghi ma che faceva da deposito anche per generi meno mangerecci. Ma a parte le storie tipicamente romane, tra Campo de’ fiori o il Testaccio, si affacciano molto spesso i profili di un’altra categoria: gli spioni – si chiamavano 007 – che avevano scelto Roma come uno dei più importanti crocevia per guardare a un’Europa dove forse una volta avevamo un ruolo, se non più lusinghiero, certo più importante. Salerno racconta delitti, intrighi, furti, spie e truffatori con la leggerezza della distanza dai fatti. E il giovane cronista che emerge non è solo la scusa per una rievocazione – che per una volta va oltre via Veneto – ma anche per una riflessione su una professione che è cambiata. Proprio come la Roma che attraversa tutto il libro.
Eric Salerno, Fantasmi a Roma, Il Saggiatore, pp 248, euro 17

Bangkok. Città rizoma, seduzione cinta d’acciaio, megalopoli quantica. Le definizioni si sprecano quando si tenta di definire la capitale del Sudest asiatico. E sì, perché Bangkok ha superato Singapore e Giacarta, Kuala Lumpur o Saigon. E’ l’hub per eccellenza in questa parte di Mondo ed è una città piena di città in costante evoluzione. Massimo Morello, giornalista che a Bangkok passa metà dell’anno, a descrivere Bangkok non ci prova nemmeno. Preferisce indicare i luoghi o i sentimenti che questi raccontano, nel bene e nel male. Quella di Morello non è una guida turistica per sapere dove andare col naso all’insù e la telecamera allertata, semmai una “guida sentimentale” nel senso che sembra orientare più il sentimento che non la passione della scoperta geografica. Come se la magia che pervade la città potesse accompagnare il visitatore purché questi ci si lasci avvolgere mantenendone forse un po’ le distanze. Naturalmente però, nel libro c’è tutto: dai mall smaglianti, nuovi templi del benessere, agli slum un po’ nascosti, dai demoni agli angeli, dalle case degli spiriti ai grattacieli scelti dai suicidi, soft power e tailandesità. Nel suo percorso Morello si fa aiutare dai molti che hanno cercato di raccontare Bangkok (ricercatori, scrittori, viaggiatori) e da un mago, metà oriente metà occidente sembra di capire. Ma anche la magia non riesce ad aiutarlo a dipanare tutti i dettagli di una Bangkok che il giorno dopo non è più quella del giorno prima. Bisogna andarci, sembra dire Morello, per scoprire – se mai è possibile – tutti i rizomi della Città degli angeli. Raccontarli si può. Spiegarli forse no.
Massimo Morello, Bangkok, Orizzonti Geopolitici, pp. 146 euro 15

Asia Ribelle. Tim Harper è uno studioso con la passione delle storie personali. Dell’autore di Forgotten Wars viene ora tradotto in italiano da Add Asia Underground (Traduzione di Anita Taroni e Stefano Travagli) che racconta infatti la Storia attraverso le singole storie personali di alcuni rivoluzionari asiatici che hanno contribuito alla lotta coloniale nei primi anni del ‘900, quando fioriscono i primi gruppi nazionalisti che vogliono trovare la strada per liberarsi dal giogo coloniale. Decretato libro dell’anno dalla stampa anglosassone (Economist e FT), Asia Ribelle racconta quegli anni e le strade in cui, da Shangai a Singapore, dal Vietnam francese all’India britannica, si agita un fermento che si nutre dei contatti con l’Occidente e lo stesso Oriente dove si allungano le ombre della Rivoluzione d’Ottobre in Russia. Contatti che sono consentiti dai viaggi transatlantici in uno scambio di idee che diventa elaborazione politica. Un’elaborazione del tutto asiatica che fornirà le basi ai movimenti nazionalisti, comunisti e anticoloniali che creeranno le basi della caduta dei grandi imperi che tenevano sotto scacco milioni di uomini schiavizzati dalle leggi di un mercato che aveva nelle terre d’oltremare la sua grande macchina produttrice di materie prime.
Tim Harper, Asia ribelle, Add, pp 775, euro 45

Un caso per Maraschino. A un certo punto, in questo giallo ambientato in una Roma non scontata tra criminalità e redazioni dei giornali, si dice che «Ormai nessuno va oltre il titolo» quando legge un quotidiano. Ma non sarà così per questo noir dove Pietro Maraschino, un cronista di nera del quotidiano “La Civetta”, viene incaricato di seguire un caso di omicidio a Trastevere dove un imprenditore viene ritrovato stecchito su una panchina del quartiere della movida romana. Maraschino, un cronista all’antica, anarcoide e solitario vessato  da una relazione difficile con una donna sposata che lo tradisce col marito, scoprirà che il suo motto interiore dice una profonda verità. Perché Maraschino ha un unica certezza: il dubbio.
Paolo Zagari, Un caso per Maraschino, Fratelli Frilli, pp 208, euro 16.90

Lo Stato atomico. L’austriaco Robert Jungk, classe 1913, è stato uno dei grandi attivisti della lotta al nucleare. E da questo punto di vista, Lo Stato Atomico non appare per nulla datato benché sia un libro degli anni Settanta (Der Atom-Staat, traduzione di Nicola Paoli). L’autore de Hiroshima il giorno dopo (uscito in Italia nel 1960) e de Gli apprendisti stregoni (uscito in Italia nel 1964) mette insieme la capacità di inchiesta del giornalista, lo studio dell’analista e la forza dell’attivista (pacifista e ecologista) ma anche, scrive Daniela Padoan nella prefazione, la passione politica e la riflessione filosofica. Su un tema tornato improvvisamente di grande – e terribile – attualità.

Robert Jungk, Lo Stato atomico, Castelvecchi, pp 196, euro 20


mercoledì 27 novembre 2024

Dondero bene comune


I
l grande fotografo italiano e un progetto vuole acquisire (con l'aiuto di tutti) per farne più che un museo un centro di raccolta del pensiero sul fotogiornalismo.

La raccolta fondi per l’acquisizione della “Casa di Mario”, in Vicolo Zara a Fermo, da parte dell’associazione Altidona Belvedere ha come limite minimo il raggiungimento della cifra di 30mila euro più le spese per il passaggio di proprietà. Il conto è finalizzato esclusivamente all’operazione di acquisto e al pagamento delle spese riguardanti il passaggio. Le eventuali eccedenze saranno destinate esclusivamente ai primi interventi urgenti richiesti dall’immobile. Il termine ultimo per effettuare la donazione è il 30 novembre 2024.

Si può fare un bonifico con causale Erogazione liberale per progetto Casa Dondero a favore di Altidona Belvedere – Centro di documentazione e Cultura fotografica APS Via Bertacchini, 36 – 63824 Altidona (FM). IBAN: IT96T0615069640CC0130120838 codice SWIFT Carifermo SpA: CRFEIT3FXXX. Tutte le info qui

Si può anche fare altro: votare per esempio la Casa di Mario Dondero in Vicolo Zara a Fermo su “I luoghi dell cuore del Fai” (cliccando qui). Ciò consentirebbe di ottenere fondi per la conservazione e la ristrutturazione del sito una volta acquisito. E naturalmente si potrà poi visitare il luogo che è stata la fucina di tanti arrivi e partenze dell’ “onnivoro” fotoreporter come Dondero amava definirsi.



Qui sopra una foto con Mario Dondero di Umberto Bufaliani, a Fermo un paio d'anni prima della scomparsa del nostro amico. Sopra, uno scatto in bianco e nero di Danilo De Marco, fotografo friulano molto amico di Mario che qui viene ritratto a parlare con un toro

domenica 17 novembre 2024

Indonesia/Russia. Manovre militari e politiche nei Mari caldi

Nella seconda settimana di novembre, da lunedì a venerdì scorso, le marine i di Indonesia e Russia hanno tenuto le loro prime esercitazioni militari congiunte nel Mar di Giava, al largo di Surabaya. La Russia ha inviato tre corvette, una petroliera, un elicottero e un rimorchiatore: uno schieramento modesto, ma politicamente significativo. Le esercitazioni sono svolte infatti appena due settimane dopo che Prabowo Subianto, ex generale e ministro della Difesa, ha assunto la presidenza dell’Indonesia.

Poiché è la prima volta che si tengono queste attività militari bilaterali con Mosca e l’Indonesia ha appena chiesto di entrare a far parte dei Brics – l’acronimo con cui è conosciuta la nuova alleanza fra Stati che vorrebbero sostituire il dollaro come moneta commerciale – analisti, ricercatori e politici hanno cominciato a farsi domande. Ovvero a chiedersi se la presidenza Prabowo, eletto nelle elezioni del febbraio scorso e insediatosi il 20 ottobre, segnerà un cambio di passo nella tradizionale neutralità del colosso del Sudest asiatico, che per decenni – durante la dittatura di Suharto – è sempre stato molto vicino agli Stati Uniti per poi scegliere la strada dell’equidistanza. Soprattutto, ci si chiede se Giacarta voglia far pendere l’ago della bilancia dalla parte russa, in un esercizio di difficile equilibrio che, sotto la presidenza del suo predecessore Joko “Jokowi” Widodo, si era giocato soprattutto sull’asse Cina-Stati Uniti…. (continua. Leggi tutto su IspiOnline)

In copertina: navi della marina indonesiana Tni-Al


sabato 2 novembre 2024

La casa di Mario Dondero: comprarla, farne un museo, conservare la memoria del grande fotografo italiano


C'è una raccolta fondi collettiva per acquisire la casa di Mario Dondero e farne un piccolo museo della fotografia a Fermo che appartenga a tutti noi. Anche una piccola somma può fare la differenza. Donate e divulgate

Leggi qui come fare una donazione e votarla come luogo del cuore Fai

sabato 5 ottobre 2024

Premio Gianni Rufini 2024


Ieri a Roma, grazie agli amici di Oxfam, ActionAid, Amnesty ed Msf abbiamo ricordato il grande lavoro di Gianni Rufini, un uomo a cui molti di noi erano legati da un grande affetto oltre che una potente stima professionale. Bella giornata di discussione su diversi temi (migranti, umanitario, giornalismo, neutralità) da ripetere. Ciliegina sulla torta di un bell’appuntamento, la cerimonia del premio Gianni Rufini 2024 consegnato da Patrick Zaki a Deepika Salhan, attivista che si batte per il riconoscimento del diritto di cittadinanza  per migliaia di giovani italiani e italiane de facto ma senza la parola magica sui documenti. 

Quando Deepika ha ricordato il viaggio di suo padre per venire nel Belpaese e il coraggio di sua madre nella lotta contro le forme di patriarcato, mi sono commosso e ho pianto – così si dice da noi contadini – come una vite tagliata. Gianni da lassù si sarà fatto una di quelle sue risate “a tutta bocca” che erano contagiose