
Pyongyang ha pensato di festeggiare l'anniversario americano e di sfidare le Nazioni Unite che questo tipo di esperimenti ha da poco vietato ai nordcoreani, lanciando sette missili balistici (Scud) con una raggio di azione attorno ai 500 chilometri: tre sono partiti sabato in mattinata dalle coste orientali della Corea del Nord, un quarto attorno all'ora di pranzo e altri tre sempre nel pomeriggio di ieri. Una mossa che ha molto allarmato sudcoreani e giapponesi anche perché è l'ultima di una serie di provocazioni: il 2 luglio Pyongyang ha lanciato quattro missili a corto raggio e il 25 maggio ha sperimentato un test nucleare sotterraneo (il secondo, che ha portato a nuove sanzioni decretate dall'Onu), preceduto da una serie di lanci di razzi a corta gittata. Infine il 5 aprile, data di inizio dell'ennesima crisi innescata dai nordcoreani, i militari del “regno eremita” avevano lanciato nello spazio un satellite che secondo l'intelligence coreana altro non era che un sistema per aggiustare il tiro di un missile balistico a lunghissima gittata. Insomma un'escalation cui la comunità internazionale aveva risposto - era il 12 giugno scorso – con una risoluzione del Consiglio di sicurezza che consentiva ispezioni internazionali sui trasporti (via mare, terra e cielo) verso e dalla Corea del Nord, per il sospetto di un commercio illegale di materiale sensibile vietato (secondo l'agenzia coreana Yonhap, i nordcoreani ne avrebbero già venduto alla Birmania e la prova sarebbe una transazione di denaro in una banca della Malaysia e l'individuazione del carico da parte americana).

Ma se Kim Jong Il voleva rovinare la festa a Barck Obama la cosa non ha funzionato. Stati Uniti, Russia e Cina hanno risposto all'unisono gettando acqua sul fuoco, raffreddando il riscaldamento sudcoreano e giapponese e richiamando Pyongyang al tavolo dei negoziati. Posizioni morbide e che forse potrebbero essere lette come un segno di debolezza mentre invece, proprio il fatto che le tre superpotenze (che con i coreani e i giapponesi partecipano la famoso tavolo a sei che si riunisce ciclicamente a Pechino) abbiano risposto con gli stessi toni alla provocazione di Pyongyang indica una sola cosa: che a tirar troppo la corda i nordcoreani rischiano un isolamento ancora maggiore e poco aiuto anche dai loro tradizionali avvocati difensori (Pechino e Mosca).
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Le immagini: sopra il famoso dipinto di Howard Chandler Christy alla Us Capitol Art Collection; sotto Kim Jong Il
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