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venerdì 17 settembre 2010
VOTARE IN AFGHANISTAN
Se anche il Consiglio di pace annunciato da Karzai a inizio settembre, una sorta di commissione che dovrebbe mettere assieme governo, talebani ed ex talebani, sia stata in realtà solo una mossa elettorale è presto per dirlo. Certo è che, a parte l'annuncio – un prolungamento della “Jirga di pace” tenutasi a Kabul in giugno con 1600 delegati e funestata dai razzi talebani – passi avanti sul processo negoziale non se ne vedono molti. Una sorta di stallo sembra ammantare la guerra infinita che, anche dal punto di vista militare, sembra essersi fermata in un momentaneo congelamento, forse proprio per evitare turbative durante la consultazione elettorale che per Karzai, la Nato e gli americani è un'ennesima prova del nove che, almeno formalmente, non si può perdere.
Il roboante generale Usa/Nato David Petraues si è fatto più cauto e le sue ultime dichiarazioni non sono state certo quelle con cui aveva annunciato il suo arrivo e con cui si era presentato alla stampa alcune settimane fa per dire che non condivideva la data del luglio 2011 come possibile inizio per il ritiro delle truppe. Se Obama gli abbia tirato le orecchie, o se la campagna elettorale abbia imposto maggior compostezza, chissà. Certo, la famosa offensiva di primavera, poi rinviata a fine Ramadan, sembra per ora messa in frigorifero e il soldato tutto d'un pezzo, cui spetta il compito di dimostrare che la ricetta irachena funziona anche in Afghanistan, si è trincerato dietro un ostinato silenzio. Rotto solo dall'appello a non bruciare il Corano sul suolo patrio statunitense, la cui sola minaccia ha già dato la stura a manifestazioni di protesta (con morti) in Afghanistan e altrove.
Non che la conflittualità sia diminuita. I talebani continuano a mettere bombe sulle strade e le forze speciali continuano a compiere le loro controverse operazioni di polizia antitalebana, ma, rispetto a solo due mesi fa, la guerra sembra aver diminuito il volume di fuoco. Stanchezza dopo un'estate sanguinosa? Pausa elettorale? O semplicemente un lavorio sotto traccia per preparare qualche colpo eclatante, sia da una parte (talebana) sia dall'altra (Nato)?
Negli ultimi anni la rituale pausa invernale, che da fine novembre imponeva alla guerra un rallentamento, sembrava essere ormai lettera morta: vuoi per migliori capacità tecnologica, vuoi perché, come in natura, ormai le stagioni si confondono e la guerra afgana ci stava abituando a una routine senza intermezzi. Ma adesso le elezioni sembrano aver imposto una “pausa di riflessione”.
Quel che è certo è che la politica potrà davvero dettare i tempi e i modi della guerra solo in presenza di una svolta decisa che bypassi l'opzione militare Se effettivamente il negoziato, che procede sopra e sotto traccia, dovesse diventare una realtà, sarebbe questa l'unica pausa possibile e duratura. C''è da aspettarsi una nuova stagione di fuoco ma si può anche sperare che i passi incerti del negoziato e la stanchezza di una guerra che nessuno riesce a vincere producano il miracolo. Miracolo che le elezioni non possono certo compiere.
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