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sabato 18 dicembre 2010

AFGHANISTAN, COSA NE PENSI DELLE ELEZIONI?

Mentre Barack Obama fa mostra di ottimismo e rilancia la strategia americana per il 2011 confermando il ritiro e un mix di bombardamenti mirati a tenere Al Qaeda sotto pressione, a Kabul si consuma una crisi istituzionale senza precedenti. Abdullah Abdullah, l'oppositore per eccellenza del presidente in carica Hamid Karzai, ha accusato la Procura generale, che aveva contestato i risultati delle elezioni politiche di maggio, di un silenzio che favorisce lo stallo e impedisce al nuovo parlamento di entrare in funzione. Karzai nicchia e i maligni dicono che il parlamento attuale al presidente non piace e che, a dispetto dei brogli, non gli garantisce la maggioranza che voleva. Ha rinviato l'ufficializzazione dei nuovi eletti e starebbe utilizzando lo scontro tra procura e commissione elettorale per prendere tempo.


La crisi a Kabul è lo specchio non solo delle difficoltà di Karzai ma anche di quelle di Obama che ha confermato l'inizio del ritiro a luglio 2011 e sottolinea grandi progressi contro qaedisti e talebani, mentre l'esercito afgano crescerebbe a ritmi più elevati di quanto non preveda la Nato stessa. Ma l'analisi di Obama non corrisponde a quelle assai più impietose degli osservatori: per Kate Clark di Afghanistan Analyst Network, lo scenario di Obama è “luccicante quanto irreale” e non si vede come potrà “portare pace e stabilità”. L'Afghanistan continua ad essere insomma in ebollizione e il pantano della guerra sembra senza soluzione anche se i leader (occidentali) delle forze in campo hanno sempre cercato di aggiustare le cose nei Palazzi.

Un nuovo spunto lo fornisce Wikileaks coi cablogrammi che da Bruxelles andavano a Washington. Quello che riguarda una riunione del dicembre scorso, in cui figura anche l'ex ambasciatore italiano Ettore Serqui (all'epoca inviato speciale Ue a Kabul), raccontano proprio i particolari pre elettorali. Alla riunione partecipava Richard Holbrooke, il negoziatore americano morto qualche giorno fa, il ministro degli Esteri svedese Carl Bildt (la Svezia era presidente di turno alla Ue): entrambi, mostrando un sano realismo, ripeterono quanto già detto un anno prima in occasione delle presidenziali, cioè che le elezioni andavano rinviate almeno di qualche mese per garantire trasparenza e un corretto processo elettorale. Anche Sequi era d'accordo tanto che i presenti accettarono il suo consiglio che era quello di far in modo che, in caso di rinvio, Karzai non perdesse la faccia proprio di fronte alla comunità internazionale. Che non facesse insomma da capro espiatorio. Ma poi, probabilmente su pressione di altri esponenti dell'Amministrazione Usa (l'ambasciatore a Kabul Eikenberry ad esempio, che era in rotta di collisione con gli europei), vinse la tesi delle elezioni subito e a ogni costo.

La vicenda rivela molte cose: quanto Holbrooke in realtà fosse isolato proprio nell'Amministrazione che lo aveva scelto come inviato speciale. Come gli europei fossero potenzialmente più ragionevoli degli americani e il ruolo della Turchia che, pur giocando a far squadra con l'Europa, era molto vicina alle posizioni di Karzai, comprese per altro assai bene anche da Sequi. Ma spiega anche l'astio di Eikenberry con gli europei perché Bildt si oppose al suo desiderio di assumere un ruolo rilevante nel quartiere generale Nato a Kabul che la Ue voleva meno americano. Ce n'è anche per Catherine Ashton, attuale capo della diplomazia europea. Bildt fu caustico: ottima per battaglie burocratiche ma con...nessuna conoscenza della politica estera.

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