Qual'è l'origine del Kabuli Palau, quello che sembra ormai essere il piatto nazionale afgano, sia nei ristoranti, sia nelle grandi cene o nei matrimoni? Da che frequento l'Afghanistan, ossia dalla metà degli anni Settanta, questo pilav (o pilaf) cucinato con uvetta mandorle e carote mi era sempre sembrato il piatto afgano per eccellenza. Ma alcuni amici mi hanno fatto venire il dubbio, innanzitutto, che il suo nome originario non sia kabuli palau ma qabili palau e che dunque il piatto non si riferisca alla città capitale ma ad altra provenienza: uzbeka o turcomanna mi hanno suggerito.
I riferimenti che ho trovato consultando superficialmente la Rete dicono però che il palau o palao afgano (پلاو pulao/pulaa in pashto) è cucinato in modo diverso da quello uzbeko (palov, osh)* anche se non esattamente nel modo persiano. Insomma, che confusione. Pare comunque che Alessandro Magno si sia imbattuto in Bactriana nel pilav e che il suo esercito si sia portato a casa, se non la ricetta, quel riso lungo (in greco piláfi) e inevitabile nella preparazione del pilav che ha però sistemi diversissimi di cottura e che è lontano mille e miglia dal nostro risotto (sia per la preparazione sia per la materia prima) benché a un indiano o a un cinese il nostro risotto appaia come una (pessima) variante del pilav.
La faccenda adesso è quella di capire se qabili è solo una contaminazione linguistica di kabuli o viceversa e se e come il tempo abbia poi fatto diventare questa pietanza, da piatto della capitale, a piatto nazionale. E se fu pilav uzbeko, turcomanno, persiano a trasformarsi da qabili a kabuli o, ancora, a prendere il posto di un riso cucinato altrimenti in voga decenni fa. A quanto mi dicono gli amici afgani che negli anni Cinquanta erano esiliati in Italia, a casa loro il pilav afgano non era affatto l'attuale Kabuli Palau ma un riso cotto in maniera molto similare a quella persiana. Quel kabuli, quando veniva preparato, era null'altro che un qabili...
Sta di fatto che adesso in Afghanistan, ma questo era già vero negli anni Settanta, impazza il Kabuli Palau. Chissà se dalla fine dei Sessanta a tutti i Settanta, quando il turismo iniziava a scoprire l'Afghanistan, i ristoratori non abbiano scelto questo qabili, una delle tante variante di pilav, che magari risultava particolarmente appetibile quanto esotico ai primi avventori occidentali. O se fu la casata di Zaher Shah o l'epoca di Daud a imporlo come succede nelle tante mode che attraversano la cucina e il gusto imponendosi su altre. E che poi la cosa non si sia trasformata al punto che oggi, in un qualsiasi ristorante non solo di Kabul, in ogni matrimonio e se siete invitati a una cena importante... vi ritrovate davanti il kabuli.
Qabil in persiano però significa bravo, bravura, e questo allora potrebbe spiegare tutto ed essere all'origine del nome poi masticato e rimasticato fino a trasformarsi in kabuli....di Kabul (quella Q non è una K ma è difficle da pronunciare per noi occidentali). Quien sabe?
Misteri di un certo fascino che raccontano epopee culturali. A casa mia (sono nato a Milano), negli anni Cinquanta, mangiavo spaghetti al pomodoro almeno due-tre volte la settimana. Ma mia madre, lombarda con origini venete, mi raccontava che la pasta non aveva mai fatto capolino in casa sua prima della seconda guerra mondiale. Polenta e riso semmai. Ma direste oggi che la pasta non è il piatto italiano per eccellenza con la pizza? Eppure, solo cinquant'anni fa, la pasta si mangiava solo nel Sud dell'Italia. Il nostro Kabuli erano risi e bisi, risotto allo zafferano e casseula. Per non parlare del venerdi di magro. E chi se lo ricorda più?
ho tratto i nomi da Tfode
un cosa ben fatta, mi pare, sulla cucina afgana si può leggere a questo link (sempre di Tfode)
segnalo anche Aushpazi di Wali Zikria (1999,Trivision)
1 commento:
Mi piace quando parli di queste cose,lo fai solo tu. Del resto ormai ne parlano in molti,e non sempre tu mi risulti chiaro...
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