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venerdì 18 gennaio 2013

OBAMA, KARZAI E IL DOPO 2014

E' stato necessario aspettare che Hamid Karzai facesse ritorno da Washington per vederci un po' più chiaro sui colloqui che venerdi 11 gennaio si sono tenuti nella capitale statunitense tra il capo di Stato afgano e il presidente degli Stati uniti Barack Obama. La missione era molto complicata: da una parte Karzai cercava rassicurazioni per sé, il suo governo e il suo Paese per quanto riguarda l'aspetto militare. Dall'altro, il presidente afgano aveva bisogno di dimostrare di non essere un pupazzo nelle mani di Washington, una debolezza che non gli viene rimproverata solo dai talebani. Doveva insomma fare il muso duro tendendo il cappello; fare l'amico e il solido alleato senza però far figurare tutto ciò – e non solo davanti alla sua platea nazionale – come una svendita di sovranità. C'è riuscito? Qualche segnale dice di si.

Lunedi scorso, al suo rientro dagli Stati uniti, ha affrontato di petto il tema delle elezioni che si devono tenere il 5 aprile del 2014 e che riguardano, innanzitutto, la presidenza della repubblica cui Karzai ha già detto di voler rinunciare (vi è peraltro costretto dalle regole). Le questioni in ballo sono tante, a cominciare dalla decisione del suo governo di tener buone le vecchie schede di registrazione degli aventi diritto che invece (più saggiamente) la Commissione elettorale indipendente (Iec) vorrebbe cancellare ricominciando da zero. Karzai però si è preoccupato di mettere soprattutto in chiaro una cosa. E cioè che gli americani “non interferiranno” nel processo elettorale e che si faranno avanti per dare una mano “solo se invitati”. Una netta affermazione di indipendenza... Segue su Lettera22

In voce su Oltreradio

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