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giovedì 14 febbraio 2013

IL MONDO PER OBAMA E LE SPINE AFGANE

Ridurre l'arsenale nucleare nel mondo, rispondere alle provocazioni nordcoreane, ritirare altri 30mila soldati dall'Afghanistan. La politica estera entra nel discorso di Obama sullo Stato dell'Unione su tre punti il primo dei quali rilancia una strategia di contrazione dell'arma nucleare mentre l'ultimo affronta il tema più scottante per chi vuole passare per il presidente che avrà chiuso il capitolo guerre aperto dal predecessore. I passaggi sono stati brevi tranne quello dedicato al rapporto con Kabul, il più lungo e il più anticipato dalle indiscrezioni circolate prima del discorso del presidente.

Si becca due salve di applausi Barack Obama quando affronta il nodo afgano: «Già, abbiamo portato a casa 33mila dei nostri coraggiosi militari, uomini e donne. In primavera – dice Obama - le nostre forze avranno solo un ruolo di sostegno mentre le forze di sicurezza afgane prenderanno l'iniziativa. Stanotte posso annunciare che il prossimo anno altri 34mila soldati americani torneranno a casa... ed entro la fine del prossimo anno, la nostra guerra in Afghanistan sarà finita». Gli applausi coprono le sue parole (e, dopo alcune ore, l'applauso gli arriva anche da Karzai in persona). Obama in effetti ha voluto rassicurare anche Kabul: «Dopo il 2014, il nostro impegno per un Afghanistan unito e sovrano durerà, ma cambierà la natura del nostro impegno. Stiamo negoziando un accordo con il governo afgano – aggiunge - che si concentra sulla formazione e l'equipaggiamento delle forze afgane in modo che il Paese non scivoli di nuovo nel caos, e sugli sforzi antiterrorismo che ci permettono la caccia ai resti di al Qaeda e affiliati». E se, dice Obama, l'organizzazione che ci ha attaccato l'11 settembre è «l'ombra di se stessa» (applausi) è pur vero che la minaccia si sposta in Africa. Ma, aggiunge, «per rispondere a questa minaccia, non abbiamo bisogno di inviare decine di migliaia di nostri figli e figlie all'estero o occupare altre nazioni». Il messaggio ai francesi è chiaro. Agli americani anche. Tutti a casa. Ma ci sono anche le ombre su cui il presidente, ovviamente, sorvola.

In realtà sull'Afghanistan resta da sciogliere il nodo più grosso, anzi due: il primo si chiama basi militari e il secondo talebani. Il primo sembra per ora una palude coperta di nubi, il secondo resta viziato dalla richiesta Usa di immunità per le truppe che resteranno nel Paese dopo il 2014. Kabul per adesso tiene il punto e rifiuta. Poi c'è anche l'interrogativo su quanti militari resteranno dopo il 2014. Obama non lo scioglie ma, secondo il Post, 8mila unità potrebbe essere la mediazione tra le richieste del Pentagono (almeno 10mila) e le riduzioni imposte dalla presidenza. E' comunque stato più chiaro del nostro governo e del nostro ministero della Difesa, visto che non sappiamo bene se i mille soldati italiani che rientrano a casa sono già partiti, stanno partendo, partiranno.

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