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sabato 7 giugno 2014

Cinque domande sull'Afghanistan: il ministro risponde

Per la prima volta un  ministro della Repubblica, interrogato da un'associazione della società civile italiana sull'Afghanistan, risponde. E, senza vender fumo, va al cuore del problema. Cambiare passo - dice Federica Mogherini nella sua  lettera a il manifesto che risponde ai quesiti posti da Afgana - si può e si deve. Ecco il testo

Il 2014 sarà un anno cruciale per la transizione in Afghanistan, sia dal punto di vista politico sia da quello della gestione della sicurezza. E invece rischiamo di fare l'errore di pensare che con la fine di Isaf non sarà più necessario occuparsi di quel paese, delle sue contraddizioni e della sua faticosa ricerca di democrazia, pace, diritti. Per questo rispondo con piacere agli amici di Afgana, con i quali ho avuto occasione di collaborare spesso in passato e che ringrazio sia per il sostegno dato in questi anni alla società civile dell’Afghanistan. Mi si chiede dunque quale sia la strategia del governo per il dopo Isaf. Prima di tutto credo sia fondamentale mantenere l'impegno, preso formalmente con la comunità internazionale ma innanzitutto con la società civile afghana, di "non abbandonare" l'Afghanistan con la fine di Isaf. Però bisogna cambiare prospettiva: ogni passo dovrà essere deciso, disegnato, attuato su richiesta degli afghani e assieme a loro. così progetteremo il nostro sostegno alle istituzioni e alla società civile, e il sostegno alle forze di sicurezza afghane, con una residua presenza militare condizionata quindi a una richiesta di Kabul e limitata, eventualmente, solo a funzioni di formazione e assistenza. La strada che abbiamo intenzione di seguire è esattamente quella indicata da Afgana. Sono convinta, d'altra parte, che questo debba essere il tratto distintivo della nostra politica estera in tutte le aree di crisi e di transizione, dall'Ucraina alla Libia. Per rendere concreti questi impegni, appena ci saranno un nuovo presidente e un nuovo governo insediato andrò a Kabul per presiedere, assieme al ministro degli Esteri afghano, la prima riunione della Commissione congiunta prevista dall'accordo bilaterale di partenariato e impostare insieme un lavoro comune. Il sostegno alla società civile, su cui già si è molto lavorato, diventerà l’asse portante del nostro impegno così che dialogo e riconciliazione da un lato e tutela della libertà e dei diritti di tutti dall'altro possano poggiare su un terreno solido, pronto, su forme di partecipazione reale e diffusa. Manterremo e rafforzeremo quindi l'impegno della Cooperazione allo Sviluppo, con iniziative dirette e con il finanziamento a ong e spero che insieme al Parlamento potremo aumentare le risorse e renderle stabili. Sappiamo bene che serve però anche un serio sostegno internazionale. Con l’Ue si sta lavorando a un piano strategico, per il biennio 2014-2016, e nel nostro semestre di presidenza Ue lavoreremo all'attuazione. Infine, ma non da ultimo, sappiamo di doverci concentrare sia sulla riconciliazione interna, con il coinvolgimento politico di tutte le parti, sia sulla più ampia dimensione regionale e a fine agosto l'Italia parteciperà  a Tianjin, in Cina, alla riunione del processo di Istanbul. La comunità internazionale ha il dovere, e l'interesse, di continuare a occuparsi dell'Afghanistan e di farlo in modo nuovo, sostenendo un processo di transizione che deve essere prima di tutto in mano agli afghani.  

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