L'immagine è tratta da Tolonews |
La richiesta non arriva direttamente dal Consiglio capeggiato da Karim Khalili, un alim già vicepresidente con Karzai, ma da circa settecento ulema convocati dall’Acp per discutere di una possibile via negoziale in stallo ormai da almeno un anno e dopo qualche maldestro tentativo di aprire una trattativa. Il Consiglio non gode di per sé di ottima fama e i talebani lo hanno sempre ignorato ma, questa volta, la richiesta proviene da religiosi giovani e anziani di diverse parti del Paese che – per quanto favorevoli alla fine della guerra – si differenziano sostanzialmente dall’Acp o del governo diretto da Ashraf Ghani. Lo stesso Ghani ha subito accettato di buon grado la suggestione augurandosi che i talebani facciano altrettanto, il che fa pensare che la proposta sia stata sicuramente o concordata prima o durante la Conferenza consultiva di Kabul ma resta di fatto una novità che indirettamente riconosce alla guerriglia di mullah Akhundzada un ruolo politico e che finalmente fornirebbe un “indirizzo”, come hanno detto i religiosi, al quale rivolgersi per parlare con i talebani: uno spiraglio da cui iniziare.
Il passo successivo resta il più complicato: proprio quattro giorni fa un comunicato ufficiale dei talebani ha reiterato la richiesta di un’uscita dal Paese delle truppe straniere, richiesta “legittima” e precondizione per iniziare il negoziato. Non di meno la nota si concludeva con un’apertura a un dialogo inter-afgano, le stesse parole usate da Ghani.
Gli americani e la Nato però non hanno nessuna intenzione di lasciare il Paese dove hanno anzi aumentato il contingente e triplicato i bombardamenti aerei. Infine la presenza dello Stato islamico (che secondo l’intelligence russa conterebbe 10mila uomini in Afghanistan) complica il quadro anche se, paradossalmente, l’”invasore” islamista è un nemico comune sia per il governo filoamericano sia per i talebani. La sua presenza rischia dunque persino di essere un elemento a favore del dialogo.
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