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martedì 11 maggio 2010

IL GENERALE E IL PACIFISTA


Che il generale Vincenzo Camporini, capo di stato maggiore della Difesa, vada nella sede di Libera, l'associazione contro le mafie di Don Ciotti, non è cosa che accada tutti i giorni. Ma c’è un’altra più importante notizia. Ci andrà per incontrare, alla vigilia della marcia Perugia-Assisi, il direttivo della Tavola della pace, l'associazione più nota tra i pacifisti italiani, quella che organizza da qualche lustro la camminata pacifista forse più nota al mondo. Il diavolo e l'acqua santa? Una provocazione? O semplicemente il segno che i tempi stanno cambiando?
Aver accettato l'invito dei pacifisti italiani, o almeno di una rappresentativa parte di quel mondo, indica che qualcosa è cambiato, che due mondi fino a ieri diversi e antagonisti si annusano e si vogliono conoscere. Quel che ne verrà fuori – se scontro o dialogo – si vedrà.

L'incontro di oggi è solo un segno dei tempi. Se i pacifisti italiani si interrogano sui militari, è evidente che anche i soldati non sono più quelli di un tempo. Lo rivela l'inchiesta che inizia con questo articolo.
Tutto è nato da uno zaino. Lo zaino di un soldato in partenza per l’Afghanistan. Lo aveva aperto davanti a noi in aeroporto per tirarne fuori guide, romanzi, saggi sul paese che stava per raggiungere in “missione di pace”. Quello zaino rompeva uno schema e cancellava uno stereotipo. Chi lo portava non era il militare rozzo e incolto che avevamo visto in tanti film di guerra, carne da macello e inconsapevole esecutore di scelte tragiche, inviato in un paese di cui non conosceva nulla....

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