Sarà vero, sarà mezzo vero, sarà falso? Secondo il ministro dell'Istruzione afgano Farooq Wardak i talebani sarebbero pronti a far carta straccia dell'antico bando che caratterizzò l'emirato e cioè il divieto di far andare a scuola le donne. Un “cambio culturale” ha detto il ministro di Karzai al supplemento del Time che tratta temi scolastici e che lo ha intervistato durante l'Education World Forum di Londra.
Wardak ha prefigurato negoziati futuri in cui si discuterà di diritti umani e diritti delle donne anche se al riguardo è stato piuttosto vago tanto che non è chiaro quanto sia solo un desiderio del governo, che spera così di mettere a tacere gli accenti critici della comunità internazionale sul possibile futuro processo di pace. Certo qualcosa si sta muovendo anche se alcune parlamentari, intervistate dala Bbc, si son dette scettiche sull'uscita del ministro, ricordando le centinaia di scuole incendiate e l'epoca talebana in cui, per una donna o una bambina, la scuola era off limits. E se qualcosa sotto traccia sta maturando, anche se quello del ministro appare per ora più un auspicio che un fatto reale, è dunque possibile che le trattative sotterranee tra governo e guerriglia stiano cominciando a produrre un abbozzo di agenda.
In realtà di un atteggiamento talebano diverso nei confronti dell'emancipazione femminile si parla già da un paio d'anni: in qualche cronaca giornalistica che aveva dato conto di una sorta di pragmatismo almeno per alcuni capi talebani, disposti ad ammettere l'istruzione anche per le donne. E per esser del tutto sinceri, anche durante i tempi bui dell'emirato si poteva assistere a qualche lezione dove il pubblico era femminile. La regola riguardava la separazione stretta tra femmine e maschi, come per altro avviene ancora nell'Afghanistan di oggi. I talebani non erano in realtà contro l'educazione femminile tout court. Ma i limiti erano ben chiari: separazione rigida dai maschi, insegnanti maschi, accesso negato agli studi superiori. Adesso l'atteggiamento starebbe cambiando.
In Afghanistan la scuola per le donne è sempre stato un tabù. Con rare eccezioni. E ancora oggi, come testimoniava un rapporto dell'Onu uscito in dicembre, essere donna in questo Paese significa davvero essere “sesso debole”, cittadini di serie B: a parte le limitazioni sull'istruzione (non c'è controllo o sanzione applicata se una famiglia non manda le figlie a scuola), ancora esistono matrimoni combinati, donne usate come moneta di scambio nelle transazioni fondiarie, sposalizi forzati con minorenni. Tutte cose ora vietate (la legge più avanzata è dell'agosto del 2009) e sanzionate (solo sulla carta). Una legge non basta a cambiare inveterate tradizioni e un'interpretazione del Corano molto generica (visto che il Profeta vietò i matrimoni combinati e con minorenni, pratica invece ammessa dai codici tribali).
Quanto all'istruzione, Farook ha snocciolato i risultati che, in effetti, sono uno dei pochi lasciti felici della guerra: durante i talebani, ha detto, su un milione di studenti la percentuale di femmine era zero e lo stesso valeva per le insegnanti femmine mentre adesso le percentuali sono 38 e 30%.
Certo il ministro ha esagerato (durante i talebani la percentuale era più elevata) e, per altro, anche se il 38% è molto, l'analfabetismo femminile in Afghanistan è più del doppio rispetto a quello maschile e dunque anche Karzai ha qualcosa da rimproverarsi. E' pur vero che nei sondaggi il settore dell'istruzione appare come quello dove gli afgani dicono di aver visto i maggiori risultati. Ma l'emancipazione femminile passa anche per l'accesso ai servizi di base, in un Paese agli ultimi posti in classifica per quel che riguarda la sicurezza di gravidanza e parto. Temi però che si fanno strada, anche tra i talebani che, in dieci anni, sono cambiati. Da movimento oscurantista pashtun ora si propongono come movimento di liberazione nazionale trasversale tanto che molti combattenti di diversa etnia sono stati nominati capi militari. Paradossi della guerra.
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