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martedì 10 maggio 2011

LA FINE DI OSAMA VISTA DA KABUL


Secondo un rapporto del Pentagono dei primi di maggio, la sicurezza in Afghanistan è minacciata dalla presenza di vari gruppi armati, le cui tattiche continuano a evolversi sulla base delle esperienze derivate dagli ultimi sviluppi delle azioni sul terreno. Al Qaeda è il meno importante tra loro.

Quello che, in questo eterogeneo universo guerrigliero, si rifà direttamente alla rete di bin Laden conterebbe ormai, da circa un anno, non più di un centinaio di uomini (la CIA parlò di un numero tra 50 e 100 nel giugno 2010, e il comando delle truppe NATO-ISAF di circa 100 nel marzo 2011).

I rapporti della NATO sostengono che alcune cellule sono attive nelle aree del Kunar e del Nuristan, dove la presenza militare occidentale o dell'esercito nazionale è minore o assente; ma anche qui sono sottoposte a continua mobilità forzata. Informazioni di stampa hanno supposto anche qualche campo di addestramento in Afghanistan direttamente riconducibile ad al Qaeda. In sostanza, poca cosa in termini quantitativi, e probabilmente con un discreto grado di confusione organizzativa: vi è infatti una varietà di gruppi, tra qaedisti “puri e duri”, gruppi “salafiti” o legati ad altre formule ideologiche dell'islam radicale, bande di “stranieri” autorganizzate in transito dal Pakistan. Alcuni sono simpatizzanti in alcune frange del movimento talebano (la rete Haqqani) che sembrano però avere un rapporto teso e difficile con la shura di Quetta, il Gran consiglio di mullah Omar e la fazione guerrigliera maggioritaria. Non c’è dubbio ormai che le simpatie per il qaedismo sono molto scemate, sia in relazione alla sua strategia politica (la jihad globale) che alle sue tattiche militari (le azioni kamikaze).

Alla domanda dunque “cosa cambia in Afghanistan” dopo il raid di Abbottabad e la morte di Osama bin Laden, la risposta deve essere necessariamente articolata....(segue) Leggi tutto su AspeniaOnline

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