
La reazione francese è immediata. Parigi sospende le attività di training in corso con l'esercito afgano e tutti gli operativi nei quali i francesi affiancano gli afgani. Sostanzialmente si smette di insegnare ma anche di combattere. Ma il presidente Nicolas Sarkozy va oltre. Dice che sul piatto va a finirci anche un'ipotesi di ritiro anticipato, forse un'accelerazione sulla tabella di marcia che entro il 2014 dovrebbe vedere il ritiro di tutte le trippe occidentali (comprese le nostre). Parigi ha già ritirato in ottobre 400 soldati facendo scendere il numero dei militari d'Oltralpe a 3600 unità (l'Italia ne ha 4200 e comincerà a ritirare a fine anno anche se non è chiaro quanti ). Se ne parlerà a quattrocchi con Karzai nell'imminente visita che il presidente afgano sta per fare a Parigi (e a Roma).

Il New York Times, citando fonti americane e afgane e memorandum interni coperti da segreto, spiega che l'aumento di queste azioni non si deve, nella maggior parte dei casi, alla guerriglia. Semmai alla mal sopportazione che gli afgani hanno verso gli occupanti, specie se questi utilizzano il loro potere per umiliarli. Fu un'ipotesi che si affacciò anche in Italia quando nel gennaio di un anno fa venne ucciso il caporalmaggiore di 33 anni Luca Sanna da un “infiltrato” afgano a Bala Murghab (Herat). Ma anche in quel caso i dubbi non mancarono anche perché, mentre il ministro della Difesa Ignazio La Russa aveva negato il “fuoco amico”, un comunicato della Nato, qualche giorno dopo, aveva confermato invece che si era trattato di un omicidio messo a segno da un soldato afgano. Senza far menzione di possibili talebani infiltrati.
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