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giovedì 6 giugno 2013

SOCIETA' CIVILE, ALLA RICERCA DI UNA DEFINIZIONE

La società civile in Afghanistan è un'invenzione occidentale? La domanda arriva diretta e tagliente. La fa Elizabeth Winter, una veterana della ricerca sulla società civile in Afghanistan, al convegno internazionale promosso dalla rete Afgana a Herat (“Afghani civil society in Transition: role, opportunities, challenges and expectations”) conclusosi oggi nella città afgana. Il provocatorio quesito che fa da titolo al suo intervento viene rivolto dalla ricercatrice un'attenta platea, per quasi metà composta da donne, in un'aula della facoltà di agraria. C'è un attimo di gelo pur nella temperatura torrida, poi alzano la mano in due: una giovane studentessa e un non più giovanissimo signore.

Winter cerca innanzi tutto di comporre una “definizione operativa” - dice – visto che ognuno usa questo termine un po' come gli pare. E dice che una definizione accettabile potrebbe indicare “individui e attori collettivi volontari, favorevoli a una crescita e sviluppo sociali della società che non ne comprometta la dignità. Insiste su due punti: la dignità e il fatto che società civile è anche l'individuo, non solo il gruppo associativo dunque. Ci deve essere – aggiunge – la componente non profit e quella culturale e l'articolazione in campagna e attività di sostegno a battaglie per i diritti. Ne fan parte a pieno titolo le Ong certamente, ma anche le associazioni culturali e professionali, quelle delle donne, sindacati, coalizioni e reti, imprenditori. E ritorna poi sull'elemento individuale: le persone singole, dice, sono il popolo.

La Winter alla fine non crede che la società civile sia un'invenzione occidentale: esisteva già prima in Afghanistan e utilizza valori condivisi anche dall'Islam, non è dunque in contraddizione e non è un'imposizione La società civile ha la sua ragion d'essere nei “valori umani”, quindi trasversali quindi impossibili da monopolizzare dall'Occidente o da chicchessia.
Convincente e preparata la Winter ha preparato anche una serie di “raccomandazioni” che ha però rimandato alla parte scritta del suo intervento che verrà data alle stampe con gli atti.

Fin qui la cronaca...

Un paio di punti mi lasciano perplesso: l'inclusione degli imprenditori che, per loro stessa natura, sono profit e che dunque mi paiono attori in contraddizione col concetto di volontariato. Certo possono essere solidali, ci mancherebbe, e soprattutto possono finanziare campagne e associazioni a fin di bene. Ma sugli imprenditori non può non gravare il sospetto che dietro ogni buona azione ci sia un obiettivo personale, di profitto. Se una campagna andasse contro i loro interessi non la finanzierebbero o smetterebbero di appoggiarla. Ciò li rende, mi pare un po' spurii. Quanto agli individui singoli, li si può certo includere nella società civile ma con qualche distinguo. L'individuo singolo non può mai fare molto e l'insieme dei singoli (popolo) può fare opinione ma non va oltre quella che è appunto l' “opinione pubblica”. La differenza a mio avviso la fa l'organizzazione. Quando il singolo membro della società civile cioè si associa con un altro. Punti di vista.

Per saperne di piu', il pezzo di A. Depascale su Il Punto

2 commenti:

Anonimo ha detto...

ho visto il post sul blog; la winter fa riferimento a una nozione operativa di società civile, per orientarsi consapevolmente nel ginepraio delle definizioni. sceglie di distinguere il cosa dal chi: è la funzione, non chi la incarna che definisce chi fa parte della società civile. Per questo, possono farne parte anche gli imprenditori. rinuncia alla classica interpretazione della società civile come spazio tra governo e società non organizzata, che esclude il privato. Secondo quel che capisco io anche il privato ne può far parte, anche a titolo individuale, se punta al "bene comune" e al rispetto della dignità di tutti. sull'aspetto dell'organizzazione non ha detto nulla, un punto da chiarire, in effetti (sicuramente lo dice nella sua ricerca, che non leggo da un pezzo). dalle cose che ho letto in questo periodo mi pare di capire che nella letteratura accademica prestata all'umanitario è egemone lettura funzionalista e la tendenza alla tassonomia operativa...o qualcosa del genere

Manu ha detto...

Grazie, mi pare che questo commento chiarisca meglio il pensiero di Elizabeth. Ma i miei dubbi restano