E'
difficile che, nell'opinione comune, si metta in relazione la
guerra in Afghanistan con l'Iran. Di solito si pensa, per restare
nella regione, al Pakistan. O, per i più avveduti, all'India, che
gioca via Afghanistan il suo poker con il Pakistan che, a sua
volta, considera il Paese di Karzai come la pedina da giocare
strategicamente in caso di guerra con l'India (la famosa teoria della
profondità strategica cara ai generali di Islamabad). Ma anche per
Teheran l'Afghanistan ha un'importanza strategica. Sia rispetto al
Pakistan, con cui non corrono ottimi rapporti, sia rispetto agli
Stati uniti. Col Pakistan è abbastanza evidente: i pachistani non
solo sono sunniti ma tollerano una pletora di gruppi settari che
fanno strage di sciiti. Gruppi settari che godrebbero anche del
sostegno dell'Arabia saudita, acerrimo nemico di Teheran. Quanto agli
Stati Uniti, l'Iran ha mandato segnali chiari: in caso di attacco, Teheran giocherebbe la sua carta afgana. Come? Attraverso un'alleanza
tattica stretta con alcuni gruppi talebani che secondo l'intelligence
afgana sono sostenuti da Teheran, specie nel settore
Ovest del Paese che confina con l'Iran. Ora, l'idea che vada in porto
l'accordo con gli Usa, dibattuto in questi giorni e poi approvato dalla Loya Jirga, per Teheran significava due cose: che gli americani
sarebbero rimasti ancora a lungo alle porte di casa e che avrebbero
(come avranno) debito accesso alla base aerea di Shindand, a un pugno
di chilometri dalla frontiera. Teheran finanzia parte della stampa
afgana, sostiene parte dell'insurrezione (benché per anni abbia
osteggiato e temuto i talebani, cosa che farebbe ancora se tornassero
al potere) e da anni guida una crociata contro l'invasione e il Bsa non le sarebbe proprio piaciuto. Ma dopo
l'accordo di Ginevra le cose potrebbero cambiare e la posizione
ammorbidirsi. Anche per quel che riguarda l'Afghanistan.
Arrivare
a pensare che Teheran sarebbe contenta di una presenza americana in
Afghanistan sarebbe troppo, ma deve far riflettere quanto si è
scritto sulla stampa in questi giorni: e cioè che persino ai pachistani non piace poi tanto l'idea che gli americani se ne vadano. Sono, in un
certo senso, un elemento di stabilità, sia verso l'India, sia verso
Teheran. In qualche modo, se si rasserenassero davvero i rapporti tra
Washington e Teheran, la cosa potrebbe essere vista nello stesso modo dagli
iraniani. Che temono un ritorno dei talebani anche se adesso, per
motivi tattici, sono disposti a sostenerne una parte. Ecco perché le ricadute di Ginevra van oltre il Medio oriente e si allargano fino all'Asia centrale e al subcontinente indiano.
Ginevra, seppur indirettamente, potrebbe finalmente, tra l'altro, spianare la strada al famoso progetto del gasdotto della pace (vedi immagine sopra) cui gli americani si sono sempre opposti.
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